Wanda Marra
“Fino all’anno scorso, se andava via la luce bastava chiamare il Comune e in quattro e quattr’otto si risolveva tutto. Alla prossima Leopolda, per ovvie ragioni, non sarà più così”. Che Matteo Renzi non sia più il dominusnemmeno di Firenze, si capisce da questa battuta che gira tra i corridoi di Palazzo Vecchio. E spiega anche plasticamente le difficoltà organizzative, ma soprattutto politiche, che l’ex premier sta incontrando in vista della Leopolda numero dieci, l’atto fondativo del suo nuovo partito “Italia Viva”. Qui, nella stazione abbandonata alle porte di Firenze, il prossimo fine settimana Renzi presenterà il logo su cui è al lavoro da agosto, ci saranno i tradizionali tavoli di lavoro (50, invece di 100) e ha già annunciato “u n’alluvione di idee, proposte e progetti per i prossimi dieci anni”. Nulla di nuovo rispetto agli scorsi anni, almeno nella retorica. Il format e gli allestimenti invece, saranno tutti nelle mani del manager dei vip Lucio Presta, che ha prodotto anche il documentario dell’ex premier “Firenze secondo me”. I suoi uomini sono già al lavoro da giorni. Il palco per Renzi viene prima di tutto. MA QUEST’ANNO l’ex premier e i suoi stanno incontrando più ostilità del solito sia dal punto di vista organizzativo che politico. Se come ogni anno, allestimento, ospiti e programma saranno aperti fino all’ultimo momento utile, dopo la scissione la Leopolda 10 si è trasformata nell’atto fondativo di un nuovo partito. E se la kermesse fondativa del renzismo ha perso negli anni molto del suo smalto, quest’anno Renzi è costretto a invertire la tendenza. L’organizzazione è in mano al trio Boschi-Rosato-Bellanova. Renzi ufficialmente sta un passo indietro, ma in realtà supervisiona tutto quello che conta. Secondo quanto risulta al Fat – to, è ancora tutto “in alto mare” anche per le diffidenze del Comune e della giunta Nardella che non vuole farsi troppo “contami – nare” con l’evento politico di un altro partito. Il Pd diserterà in massa l’even – to. Il sindaco di Firenze, renziano della prima ora, è rimasto con i Dem e spiega – quasi a volerne prendere le distanze –che andrà alla Leopolda solo per “fare i saluti istituzionali”. Non andranno invece quegli ex fedelissimi che sono rimasti nel Pd come Alessia Rotta, Andrea Romano, Alessia Morani, Andrea Marcucci e Simona Malpezzi. “È solo un sollievo non andarci quest’anno – dice al Fatto un ex renziano di ferro – perché almeno non devo organizzare nulla”. RENZI, seppur informalmente, continua a invitarli, perché così facendo il Pd legittimerebbe “Italia Viva” ma alla fine si dovrà accontentare dei suoi fedelissimi più qualche sparuta presenza tra cui spicca il nome di Simona Bonafè, segretaria Pd toscana ed europarlamentare, “costretta” ad andare perché eletta ai vertici del partito regionale proprio grazie al sostegno di Renzi. E perché le Regionali sono dietro l’angolo. Né lei, né gli (eventuali) altri andranno domenica quando ci sarà il tradizionale discorso di chiusura del capo. “Rispetto agli anni precedenti ci sono molti più problemi –conferma un dem toscano che ha sempre sostenuto l’ex premier – perché la Leopolda di quest’anno è diventato l’at – to di nascita di un altro partito e anche chi si trova nella zona grigia tra andare o rimanere nel Pd è in seria difficoltà: se va, a quel punto sarà etichettato come un traditore”. Dall’altra parte della barricata i renziani si attendono un nuovo smottamento dal Pd proprio come effetto della Leopolda: la due giorni di Firenze dovrà servire anche a convincere amministratori, sindaci e semplici iscritti a passare a “Ita – lia Viva”. Nel Pd toscano però sta aleggiando anche un altro retropensiero, che arriva dopo l’annuncio di Renzi di una possibile lista in appoggio a Stefano Bonaccini alle prossime regionali in Emilia: la Leopolda potrebbe anche servire all’ex premier per lanciare il suo candidato per le elezioni in Toscana dell’anno prossimo e mettere così i bastoni tra le ruote ai dirigenti che stanno tentando i primi approcci tra Pd e M5S. E gli occhi sono tutti puntati sul sindaco di Viareggio, Giorgio Del Ghingaro, eletto nel 2015 con una lista civica di sinistra, invitato ufficialmente da Renzi a fare un intervento dal palco. Sugli ospiti “vip” invece non ci dovrebbe essere quel parterre de r oi che ci si attendeva: confermati i soliti Brunello Cucinelli (“Trovo sempre bello andare a parlare in pubblico, dove mi invitano” spiega al Fatto), il finanziere Davide Serra e il padre degli 80 euro, l’economista Marco Fortis. Tra le assenze di peso invece spicca quella di Oscar Farinetti, che negli ultimi giorni, pur continuando a “s ti ma re ” Renzi, lo ha criticato per la decisione di lasciare il Pd.