Massimo Franco
L’ipotesi che l’alleanza M5S-Pd nel governo nazionale si traduca in patti per le elezioni a livello locale aleggia in una nuvola di inevitabilità ma soprattutto di scetticismo. Una cosa è salvare la legislatura per non regalare il voto anticipato alla Lega. Un’altra è passare da un’intesa di necessità a un «cartello» destinato a presentarsi fin dalle Regionali di ottobre in Umbria: almeno per il Movimento Cinque Stelle. Dalle risposte fredde dei grillini al Pd si intuisce un partito ansioso di allargare le alleanze per scongiurare una vittoria del centrodestra. Ma non il contrario. Emerge una resistenza d’ufficio del Movimento a spendersi per la forza guidata da Nicola Zingaretti, tuttora prudente. Almeno esplicitamente, i seguaci di Luigi Di Maio, già divisi sul governo, si trincerano dietro lo statuto che prevede solo intese con liste civiche. Questo fa pensare che al massimo possa esserci un appoggio non dichiarato, o la rinuncia a presentare propri candidati. L’elettorato grillino non è facilmente controllabile. Le Europee hanno mostrato un travaso di voti verso la Lega. Tra qualche mese, però, potrebbe emergere una strategia diversa per battere il centrodestra. Per ora, lo schermo dello statuto è provvidenziale per evitare ai Cinque Stelle di schierarsi con un Pd che in Umbria è stato colpito da scandali additati fino a ieri come indizi di una forza corrotta. Un appoggio aperto creerebbe nuove fratture e non sarebbe comunque una garanzia di vittoria. E in caso di sconfitta metterebbe in mora il patto Pd-M5S a Palazzo Chigi. Ma la prospettiva di un’alleanza di tutti contro la Lega di Matteo Salvini, rilanciata dal capo della delegazione dem al governo, Dario Franceschini, è ricorrente. Ha avuto la prima applicazione pratica col secondo esecutivo guidato da Giuseppe Conte. Le incognite di un’operazione del genere estesa ad altri livelli sono evidenti, però. Può nascere e affermarsi solo col tempo, se regge il governo. E comunque consegnerebbe al leader del Carroccio ed ex ministro dell’Interno la bandiera dell’intera opposizione. Non per nulla Salvini sfida gli avversari a unirsi. E definisce il voto in Umbria di «legittima difesa» contro l’esecutivo giallorosso. Dicendo che l’alleanza col Pd «non è all’ordine del giorno», il M5S si tira dunque fuori almeno da questa partita. La considera di altri, non sua. E teme di bruciarsi forzando i tempi. Ma di qui a qualche mese, per altre scadenze come il voto in Emilia-Romagna, la situazione potrebbe cambiare. Al momento, le priorità grilline sono altre. Il rinvio delle nomine dei sottosegretari di Conte, forse a oggi, conferma una corsa al sottogoverno ministeriale nella quale il M5S, più del Pd, mostra un numero debordante di candidati.