La fotografia della barca a vela giunta due notti fa a Crotone con 58 pachistani a bordo è l’immagine più efficace per comprendere quanto sta accadendo. Perché da mesi, mentre il governo guidato da Matteo Salvini portava avanti la sua sfida contro le Ong, barchini e gommoni scaricavano sulle spiagge migliaia di stranieri disposti a tutto pur di entrare in Europa. Il loro numero è stato certamente inferiore a quello degli anni scorsi, gli arrivi non rappresentano in alcun modo un’emergenza. Però è inutile illudersi: nulla arresterà i flussi migratori. Le dimensioni del fenomeno dipenderanno dalle condizioni di vita nei Paesi di origine e soprattutto dalla possibilità di creare una situazione stabile in Libia, ma in ogni caso non si potranno fermare gli sbarchi. Ecco perché bisogna trovare il modo di governare il fenomeno anziché subirlo. E bisogna farlo mettendo da parte gli egoismi. L’esame dei dati relativi agli ultimi anni dimostra che solo una parte di migranti approdati in Italia vuole rimanere. Gli altri hanno l’obiettivo di raggiungere quegli Stati del Vecchio continente dove già vivono i loro familiari, dove sia possibile cercare un lavoro stabile e così immaginare di potersi costruire un futuro. Nell’ultima settimana i leader europei e in particolare la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen hanno assicurato che il governo guidato da Giuseppe Conte non sarà lasciato solo, hanno parlato di una strategia comune, di un piano di interventi per «cambiare passo».
Dopo l ’ approccio salviniano dell’uno contro tutti, era abbastanza scontato che una politica più moderata come quella proposta dal nuovo esecutivo avrebbe fatto breccia a Bruxelles. Ma purtroppo la storia, anche recente, insegna che in questa materia passare dalle parole ai fatti è sempre molto difficile. Appena quattro anni fa, dopo i naufragi che causarono centinaia di morti nel Canale di Sicilia, i leader europei giunseroaLampedusa e di fronte alle telecamere pronunciarono le stesse promesse, si impegnarono a ricollocare i migranti giunti in Italia e in Grecia in base a una divisione per quote. Quel piano fu un fallimento. La maggior parte degli Stati che avevano assicurato di voler aderire e collaborare si tirò indietro. Moltissimi stranieri vivono ancora qui, senza nessuna speranza di essere regolarizzati ma con la certezza di non essere rimpatriati. La stessa cosa è accaduta dopo l’emozione suscitata in tutto il mondo dal ritrovamento del corpicino di Alan Kurdi sulla spiaggia di Bodrum. Ci sono state manifestazioni di massimo impegno e invece spesso è prevalsa l’indifferenza nei confronti di queste famiglie disperate. Oggi, per la prima volta dopo l’elezione di Ursula von der Leyen e la nascita del «Conte 2», a La Valletta siriuniscono i ministri dell’Interno europei. Al suo esordio sulla scena internazionale, la titolare del Viminale Luciana Lamorgese arriverà con una lista di priorità che al primo punto ha la redistribuzione preventiva dei migranti presi a bordo dalle navi delle Ong e portati a Malta o in Italia. Non solo. Conteeil ministro degli Esteri Luigi Di Maio insistono sulla necessità che tutto ciò avvenga sulla base di quote prefissateeil presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, ha ben spiegato come sia necessario prevedere sanzioni per quegli Stati che non vogliono collaborare alla divisione. Tra i temi discussi nei giorni scorsi, durante i bilaterali con Francia e Germania, è stata evidenziata la necessità di stilare una lista di porti europei che a rotazione possano gestire lo sbarco delle navi. Entro 48 ore si scoprirà se esiste una volontà di gestire il tema dei migranti a livello europeo o se invece le ultime dichiarazioni pubbliche dei leader siano soltanto manifestazioni di buone intenzioni. La riunione dei ministri sarà la sede per comprendere se questa volta si vuole davvero passare dalle parole ai fatti. È il primo incontro dall’elezione di von der Leyen, sarebbe assurdo credere che basti una riunione a chiudere l’accordo. Ma si tratta comunque di un banco di prova fondamentale. Se anche questa volta le promesse dovessero rimanere tali, a perdere non sarà soltanto il governo italiano, ma i nuovi leader europei che hanno assicurato di voler mettere in minoranza sovranisti e populisti grazie a una politica fatta di risultati concreti. Ecco perché questa volta non si può sbagliare.