Eugenio Scalfari
C i sono molte cose da esaminare questa settimana: di politica italiana, europea, internazionale. Ma non soltanto di politica in senso stretto, bensì anche di economia, finanza, poteri bancari, e via dicendo. L’Italia è dal punto di vista geografico e geopolitico un paesino di scarso rilievo, ma la sua vita è di grande importanza per l’Europa: condividiamo con l’Occidente una data ufficiale, 2019 anni dalla nascita di Gesù di Nazareth. È dunque la religione cristiana che fa testo. Una storia diversa da Paese a Paese, ma influente l’una sull’altra, nel bene e nel male, nel prevedibile e nell’imprevisto. Citerò a questo proposito una breve frase di Paul Valéry: «Da dove può venire l’idea che l’uomo è libero? O l’altra per cui non lo è? Non so se a cominciare questa controversia sia stata la filosofia o la polizia». Non si poteva dir meglio. A mio avviso l’uomo vive principalmente attraverso i suoi pensieri, che possono essere di qualunque genere e natura, ma c’è anche la polizia, cioè l’ordine pubblico, lo Stato che tutti possono contribuire a formare e a sorvegliare che funzioni come deve nell’interesse generale. Se queste norme non vengono rispettate c’è la polizia che interviene a punire i colpevoli come dice appunto Valéry. Mi permetto di aggiungere che talvolta la polizia fa il contrario di quello che dovrebbe, ma questo fa parte della vita che non è un’equazione matematica bensì il comportamento degli umani che non sono né tigri né leoni e neppure topi.
partiti in Italia sarebbero tre (uso il condizionale perché penso in questo momento a quelli più importanti): la Lega di cui il capo è Matteo Salvini, i Cinque Stelle il cui capo è Luigi Di Maio e il Partito democratico di cui il segretario è Nicola Zingaretti. A parte il fatto che in ciascun partito ci sono coloro che collaborano con il leader ma anche quelli che passano il tempo a dargli fastidio, magari per poterlo sostituire o affiancare con maggior peso di quello che hanno. Ciò detto i partiti di minore consistenza quantitativa e quindi anche politica sono più numerosi: c’è Meloni con i suoi Fratelli d’Italia; c’è Berlusconi che è dal 1993 che si occupa di politica (e naturalmente di economia); ci sono gli ex Democratici (alcuni leader hanno abbandonato il partito che prima guidavano). Le loro idee in gran parte coincidono con quelle ufficiali del Pd ma formalmente preferiscono starne fuori anziché non guidare il vertice. C’è poi Alessandro Di Battista. Un tempo intimo amico di Luigi Di Maio ma affezionato a un lavoro non già di squadra ma individuale. Per anni è andato in moto dalla Sicilia all’Alto Adige, quasi sempre con abbracci e baci a Di Maio ma dedito a far politica individuale e distinta se non addirittura contraria a quella ufficiale dei Cinque Stelle. Poi c’è Grillo che dei Cinque Stelle è stato il padre per oltre dieci anni di predica populista; poi si è stancato e ha continuato a predicare ma non più da padre bensì da nonno. Non che il nonno non abbia un peso in una famiglia ma un po’ più alla lontana. Questa è una debolezza per certi aspetti ma per altri è una forza. La debolezza deriva dal fatto che la politica quotidiana la fa il giovane nipote, la forza è che il parere del nonno o padre che sia è più autorevole: vede più chiaramente la situazione o almeno così sembra. Per quanto riguarda l’attualità di cui stiamo parlando Beppe Grillo non concorda affatto con Di Maio; il partito che ha in mente dovrebbe non dico unirsi ma essere molto più vicino a quello democratico di Zingaretti. Grillo insomma è a cavallo tra i due e poiché sono alleati almeno formalmente un cavallo comune sarebbe un animale perfetto. Ci arriverà? Mi pare difficile ma sarebbe ottimo. Infine ci sono i Movimenti. Non hanno la forma vera e propria di un partito ma di gruppi di persone, di categorie, di abitanti di Comuni e Regioni, di sindacati, insomma di interessi di vario genere e tipo che accomunano non politicamente ma comunque con interessi concreti vaste categorie di pubblico. A cominciare ovviamente dai sindacati di vario tipo che culminano poi nel sindacalismo vero e proprio che come tale di tanto in tanto si muove e influenza l’idea politica del Paese. Dovrei nominare anche Carlo Calenda che non è chiaro con esattezza che cosa sia ma comunque ama la politica e la cultura. Politica e cultura vanno talvolta insieme, talaltra sono due attività del tutto diverse che però possono confluire oppure no. Di Calenda è ancora difficile dire se è un politico colto oppure due cose che non si toccano tra loro o infine niente del tutto. Si vedrà. *** A questo punto diventa indispensabile parlare di Matteo Renzi. Dopo la sconfitta del referendum del 2016 che riguardava la sostanziale abolizione del Senato come camera parlamentare e la riduzione della struttura costituzionale alla sola Camera dei deputati, con il potere esecutivo nelle mani del governo, Renzi ha avuto un periodo di ritiro e silenzio. Naturalmente era solo un’apparenza: nel periodo tra il 2014 e il 2016 Renzi era stato il capo assoluto del Partito democratico. Non faceva parte della Camera dei deputati ma era segretario del suo partito e primo ministro del suo governo. Ci furono alcune elezioni in quei due anni, locali nazionali e internazionali; tra queste ultime ci furono le elezioni europee dove il Pd raggiunse addirittura il 40 per cento: cifra estremamente rispettabile ma purtroppo non sufficiente quando il referendum contro la riforma costituzionale voluta da Renzi era arrivato ad assicurare ai no il 60 per cento mentre i renziani si erano fermati al 40. Dopo quella batosta politica e dopo aver abbandonato la carica di primo ministro (che passò nelle mani di Gentiloni), Renzi scomparve alcuni mesi dal panorama dopo che il suo partito nelle elezioni politiche era crollato al 18 per cento. Da allora altre elezioni non ci sono state e il governo Renzi è stato sostituito da un governo Gentiloni che si comportò molto bene e probabilmente riguadagnò una parte della consistenza perduta. Non è moltissimo rispetto a un tempo ma è abbastanza rispetto alla catastrofe di marca renziana. Per di più ci sono Movimenti che condividono il pensiero politico e le varie iniziative del Pd guidato dopo le primarie da Nicola Zingaretti con la carica di segretario. Gentiloni ha ottenuto un’importante carica di Commissario nel governo europeo ed è stata nel frattempo siglata l’alleanza con i Cinque stelle di cui abbiamo già parlato in precedenza. Non avevamo ancora però detto che Renzi si è risvegliato. Per ottenere che cosa? Con quale obiettivo? Chi conosce bene Renzi può rispondere facilmente e correttamente a questa domanda: Renzi punta ad ottenere un risultato politico che lo porti alla testa della struttura che ha in mente: un altro partito, vicino a quello democratico, ma da lui guidato. Renzi deve essere il numero uno di quello che si propone: una nuova formazione magari più a destra del Pd o più a sinistra di Di Maio o del tutto nuova, ma renziana e basta. Lui ha comunque un rilevante seguito, sia alla Camera che al Senato: quei parlamentari lo seguiranno dovunque andrà. La loro forza non è schiacciante ma è di notevole rilievo. Renzi li cavalca ma i cavalli sono loro. È un fenomeno, quello renziano, connaturato con la sua esistenza. Può essere un esponente di un’estrema sinistra oppure di una sinistra moderata oppure di un centrosinistra oppure di un centrodestra. Al di là di questo non potrebbe andare perché si scontrerebbe con Salvini che è a suo modo un Renzi numero uno. Non si somigliano fisicamente e neppure nei modi di fare ma hanno lo stesso nome di Matteo. Sarà un caso ma i loro comportamenti hanno lo stesso suono. Non saranno mai alleati perché l’uno toglierebbe il posto all’altro cosa che nessuno dei due è in grado di tollerare. Si era pensato che Renzi fosse definitivamente uscito dalla politica dedicandosi piuttosto alla famiglia (che gli ha dato notevoli grane di carattere giudiziario) ed eventualmente allo studio della politica. Errore: ce l’abbiamo di nuovo tra i piedi. Da questo punto di vista la citazione di Paul Valéry che ho posto all’inizio di questo articolo mi sembra quanto mai opportuna. Terminerò con un’altra citazione che tuttavia è del tutto diversa. Grazie. L’autore è Isaiah Berlin: «Libertà e uguaglianza sono tra gli scopi primari perseguiti dagli esseri umani per secoli; ma libertà totale per i lupi significa morte per gli agnelli. Una totale libertà dei potenti, dei capaci, non è compatibile col diritto che anche i deboli e i meno capaci abbiano una vita decente».