Andrea Malaguti
La Mamma è tornata, ha chiuso l’accordo con il Pd e rispedito Luigi Di Maio, capo famiglia vicario e figlio primogenito della riottosa tribù Cinque Stelle, se non nell’angolo dell’irrilevanza certamente in quello dell’obbedienza. «Fatti da parte, piccolo mio». Nel mondo eternamente rovesciato del Movimento 5 Stelle, non sono i figli ad essere prodighi, bensì i genitori, e in questo caso l’unico rimasto, Giuseppe Piero Grillo, che i suoi fedeli chiamano il Generatore, la divinità che ha fatto scoccare la scintilla, cioè – appunto – la Mamma. Dopo due anni di assenza sdegnosa, è rientrato a casa, ha richiamato tutti attorno a sé e non si è limitato a dettare la linea. L’ha imposta. In due tempi. Il primo, a inizio di agosto, al grido di «fermiamo i barbari», dopo che Salvini aveva improvvidamente invocato i pieni poteri per sé. Il secondo, quello che forse ha chiuso la partita, sabato scorso, con un appello rivolto ai giovani dem, ma diretto al suo anelastico gruppo dirigente. «Dovete sedervi a un tavolo e essere euforici perché appartenete a questo momento straordinario di cambiamento». Con una determinazione superiore a quella di Conte (non Giuseppe, Antonio, allenatore dell’Inter), il Grillo perso da qualche parte nell’iperuranio del 2019, ha ripreso il bastone del comando, agganciandolo a una contingenza – la possibilità del nuovo esecutivo – e a una visione: la costruzione di un movimento riformatore, capace di sfruttare le aperture offerte dalla modernità e di opporsi al salvinismo nazionalista e retrivo. L’aggregazione olistica di M5S e Pd da consegnare a un rinnovato e non compromesso gruppo pilota. I frutti della semina sono stati immediati. Il dinosauro Dario Franceschini ha annunciato che i dem rinunceranno alla vicepresidenza del consiglio (spingendo ulteriormente all’angolo un irriducibile Di Maio) e Giovanni Crisanti, componente più giovane dell’Assemblea nazionale del Pd, ha rilanciato: «Grillo dacci una mano tu, siamo disposti a collaborare e a metterci la faccia». Un pifferaio magico. Quando la Mamma è in forma – dice con una metafora politicamente scorretta una fonte molto vicina a Lui/Lei – «ha questo atteggiamento da escort di alto bordo, che con la voce ti sussurra ciao, tenendo però gli occhi – e il blog – impegnati a dirti: ti tratterò bene, tesoro». Irresistibile. Un incantatore capace di alimentare speranze di nuove generazioni cresciute al confine tra il grillismo e il progressismo antirenziano e di precipitare nella depressione più cupa chi, nella sua famiglia d’origine, era certo di essersi emancipato dalla sua influenza. Ora la domanda è semplice, perché gli è scattata la molla? I motivi sono quattro. Uno: il pericolo di un ritorno alle urne che avrebbe ucciso il Movimento. Due: Luigi Di Maio, che lasciato solo alla guida del grillismo ha dimezzato i voti nel giro di un amen. Tre: nessuno degli obiettivi secondo lui prioritari – svolta ecologica, rivoluzione tecnologica e riorganizzazione fiscale – raggiunti. Quattro: la forza di Giuseppe Conte, capace di oscurare il suo vice e di riaggregare consensi attorno al suo nome. Scelta dunque inevitabile, ma secondo i dimaisti – che temono la guerriglia interna – ingenerosa fino alla crudeltà. Una Mamma che abbandona i figli con la stessa naturalezza con cui certe persone lasciano una festa noiosa, non può bullizzare il primogenito che si è preso cura degli altri e sottovalutare la fatica del lavoro di Palazzo. Ma il Generatore – a differenza di Davide Casaleggio, con cui la distanza di visione si è fatta voragine – è convinto che Di Maio non sia più lo stesso e che, come dice Francis Scott Fitzgerald nel «Grande Gatsby», si sia messo «a remare su una barca controcorrente, risospinta senza posa nel passato». E «passato» è una parola che odia. La Mamma però non è cattiva. E’ un filo egocentrica e con ogni probabilità, una volta visto nascere il «suo» governo, scapperà ancora da casa per evitare le beghe quotidiane fino al prossimo campanello d’allarme. Il giorno per giorno non fa per lei. Ma ha comunque una sua generosità e non ha scaricato del tutto il figlio primogenito. Se lo vorrà, Luigi Di Maio sarà ricompensato con il ministero degli Esteri. Non esattamente una bambolina del luna park.