Blocco Referendum

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Referendum anti-proporzionale. Sì da 4 regioni su 5, vota anche FI. Via libera da Lombardia,Veneto, Sardegna e Friuli-Venezia Giulia. Alla fine il centrodestra si è ricompattato, accelerando sulla strada aperta dalla Lega che potrebbe condurre, tra il 15 aprile e il 15 giugno del 2020, al referendum abrogativo della legge elettorale in vigore (il «Rosatellum») capace poi di introdurre (per sottrazione) un sistema maggioritario all’inglese. Dino Martirano sul Corriere a pagina 10.

Il Cavaliere si arrende. Ammutinamento in Fi: “Stiamo con Salvini”. Il bollettino della disfatta è stato recapitato ad Arcore a fine giornata e raccontano che Silvio Berlusconi non poteva credere ai suoi occhi, quasi il sigillo su un tramonto politico ormai compiuto. L’ordine rivolto due giorni fa dall’anziano leader ai consiglieri regionali di Forza Italia, di astenersi sulla mozione della Lega per promuovere un referendum elettorale pro-maggioritario in primavera, è stato disatteso da tutti. Carmelo Lopapa su Repubblica a pagina 15.More

L’intero esercito dei rappresentanti forzisti nelle regioni ha voltato le spalle al Cavaliere votando a favore e adeguandosi al diktat di Matteo Salvini. Ormai unico capo riconosciuto della coalizione, da chi milita nel centrodestra.

La giravolta del Cav. Diversa la lettura del Fatto. B. fa la giravolta e aiuta Salvini sui referendum. Berlusconi che si era espresso per il proporzionale, due giorni fa aveva dato indicazione per l’astensione. Senza i voti forzisti, però, i referendum leghisti sarebbero abortiti. Così è andato in scena un pressing notevole da Via Bellerio su Forza Italia. E ieri il voltafaccia: FI ha concesso ai suoi consiglieri libertà di coscienza, facendo vincere il sì. Al contempo, però, i berluscones hanno chiesto agli alleati di votare un ordine del giorno che chiede il mantenimento di una quota proporzionale, perché “bipolarismo non significa bipartitismo”. Gianluca Roselli sul Fatto a pagina 11.

La truffa del referendum. Per il Foglio è solo “La propaganda maggioritaria della Lega. Il referendum proposto da cinque regioni è fuffa per la campagna elettorale”. L’operazione annunciata da Matteo Salvini, che attraverso la richiesta di referendum avanzata da cinque consigli regionali vuole abolire la quota proporzionale nell’assegnazione dei seggi, è essenzialmente propagandistica. Editoriale sul Foglio a pagina 3.

Sul piano pratico spetta alla Corte di cassazione valutare la legittimità e alla Corte costituzionale la ammissibilità del testo del referendum. Nel caso di una legge elettorale il referendum è necessariamente parziale, abroga cioè solo alcuni commi della legge elettorale vigente, e questo implica che, se ottenesse il quorum e la maggioranza dei voti, dovrebbe essere immediatamente applicabile, senza ulteriori interventi legislativi.
La legge in vigore assegna due terzi dei seggi alle liste su base proporzionale, un terzo maggioritario a coalizioni che si presentano nelle varie regioni. Trasferire all’area maggioritaria tutto risulta complesso e l’esito che ne deriverebbe nel caso si trovasse un marchingegno capace di renderlo possibile, entrerebbe in conflitto con la decisione, già espressa dalla Consulta quando abrogò il maggioritario della legge elettorale precedente perché non conteneva un quorum minimo per assegnare il premio di maggioranza.
Siccome il referendum proposto è di tipo abrogativo non può introdurre questa condizione e quindi suscita la stessa obiezione che la Consulta ha già fatto valere. Si può aggiungere che se, come pare abbia deciso la maggioranza, entro ottobre verrà approvata in via definitiva la riforma costituzionale che riduce il numero dei parlamentari, sarebbe comunque necessaria una revisione dei collegi, che non può essere contemplata preventivamente dal referendum leghista.
I dirigenti della Lega hanno avuto a che fare con questi problemi già in passato, anche come promotori di precedenti meccanismi elettorali, quindi sanno bene che l’opera zione che hanno avviato si fermerà quasi subito, o alla Cassazione o alla Consulta. Puntano comunque ad avviarla, per poi strillare che si vuole impedire di decidere al popolo sovrano, e anche per aprire preventivamente un fuoco di sbarramento contro l’eventuale riforma proporzionale di cui si parla (per la verità con convinzione decrescente) nei partiti della maggioranza. La legge elettorale è un sistema di garanzia che deve valere per tutti, per questo sarebbe meglio che fosse il risultato di un confronto parlamentare aperto e sereno. Nelle occasioni precedenti non è stato così, e forse anche per questo il meccanismo di voto in Italia muta tanto spesso. Ma almeno va definito seguendo le norme costituzionali, che non consentono manomissioni referendarie “creative”.

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