Dino Martirano

«Il confronto parte dalle idee e dai programmi e per questo siamo sulla strada giusta anche se il nodo sul premier ancora non è stato definitivamente sciolto». Per tutta la giornata dal portone sempre aperto del Nazareno, sede nazionale del Pd, entrano ed escono i dirigenti che si adeguano al metodo «una sola voce a parlare per il partito» chiesta dal segretario Nicola Zingaretti, rilanciata da Dario Franceschini e, infine, sposata anche da Matteo Renzi. La linea del leader, dunque, tiene sulla comunicazione di questa crisi agostana ma, in buona sostanza, passo dopo passo articolata sul merito e sugli esiti probabili della trattativa con il M5S. È il momento della stretta su un percorso iniziato con l’intervista di Renzi al Corriere, che ha aperto al Movimento 5 Stelle proponendo un governo per mettere a posto i conti e per votare in primavera. Proposta poi rilanciata e cambiata dalla segreteria pd, che si è detta disponibile a valutare un percorso solo per un governo di legislatura. Lo sblocco sulla scelta del premier era indispensabile per rendere credibile il progetto agli occhi del capo dello Stato e anche perl’attivismo e i «consigli» di tutti i capi in cui si articola la galassia dem (da Romano Prodi a Matteo Renzi, passando per Dario Franceschini e Pierluigi Castagnetti), la strada dell’accordo con il M5S su Conte premier è segnata da giorni, anche per la segreteria del Pd. Zingaretti è comunque impegnato a imporre la sua regia all’operazione di aggancio del M5S e di Conte, che per il segretario ha bisogno di paletti chiari: «Abbiamo al centro gli interessi degli italiani, di chi torna a scuola tra qualche giorno, dei lavoratori, di una manovra che ha bisogno di un governo serio autorevole di svolta», dice Zingaretti dopo il primo incontro «interlocutorio» con Luigi Di Maio a Palazzo Chigi. Eppure, dal portone del Nazareno — dove la direzione convocata per oggi alle 18 potrebbe anche slittare a domani mattina, per precedere di appena un’ora l’appuntamento tra il capo dello Statoela delegazione del Pd — per tutta la giornata sono entrati ed usciti alcuni membri della segreteria non proprio entusiasti di come sta evolvendo la partita. «Ma quanto può durare un governo del genereeun accordo politico con i5Stelle che ancora non vogliono confrontarsi sui punti programmatici? Sei mesi, sette mesi?», confida un parlamentare di stretta fede zingarettiana che segue da vicino la trattativa. E ora che il governo con M5S sembra un’ipotesi più concreta, irenziani, che invocavano un «esecutivo lampo», hanno una percezione diversa del calendario: «Durerà almeno fino al 2022 quando si eleggerà il nuovo capo dello Stato», pronostica un parlamentare di quell’area, che rivendica il suo ruolo d’avanguardia sia sull’apertura ai grillini che sulla scelta del premier. La squadra di Renzi, che non parteciperà in prima linea all’operazione giallo rossa ma appoggerà l’eventuale governo Conte bis, o meglio Conte due, ora tifa per l’orizzonte lungo. Ma proprio ieri l’ex premier ha confermato per il 18- 20 ottobre la convocazione della Leopolda, il cuore pulsante del suo «partito», che sulla carta rappresenta un giro di boa per la minoranza del Partito democratico sempre pronta alla scissione. Una coincidenza, quella della conferma della Leopolda, che non è piaciuta alla squadra di Zingaretti che vede nell’attivismo dell’ex premier un eterno contraltare alla segreteria. Ma adesso l’ipotesi di un Conte2sostenuto da M5S e Pd sta andando avanti. E al Nazareno, almeno per ora, la resa dei conti è rinviata.