Francesco Grignetti

Dice e non dice, afferma e poi nega, ammicca, ma Urbano Cairo, il patron di «La 7» e del «Corriere della Sera», nonché proprietario del «Torino calcio», sta pensando seriamente di scendere in politica. Con una lunga intervista al «Foglio» ha espresso il suo programma politico, che si può considerare di schietto liberalismo. Esplicitamente anti-populista. Europeista con il cuore verso Francia e Germania. Se andasse lui al governo, addio al reddito di cittadinanza e alla Quota 100. «All’Italia oggi serve l’esatto opposto: le persone vanno spronate a mettersi in gioco e a rischiare, anche se non possono scegliere l’impiego dei loro sogni». La tentazione di farsi un partito, insomma, c’è. «Non nascondo che ricevo numerose sollecitazioni… In tanti mi chiamano e mi dicono: ma quando ti decidi? E’ venuto il tuo momento». I sismografi della politica ieri hanno registrato anche questa. Cairo, però, è soltanto l’ultimo di una lunga lista che guarda a quell’area, apparentemente sguarnita, che un tempo si sarebbe detta di Centro, o moderata, o liberal-democratica. La stessa area, per dire, dove pesca l’insuperabile modello di Cairo, quel Silvio Berlusconi che al giovane Urbano diede lavoro appena uscì dall’università. Forza Italia non è morta, anzi. In fondo è la stessa prateria dove spera di galoppare anche Giovanni Toti, leader di «Cambiamo», appena fuoriuscito da Forza Italia. Il quale ha subito annusato il pericolo di una competizione fratricida: «L’Italia – dice – a mio avviso ha bisogno di semplificazione della politica, non di ulteriore confusione. Il centro-destra deve ridisegnare i propri confini e le proprie ricette, irrobustendo quell’ala liberale e riformista che oggi fatica a far sentire la propria voce». Un altro che guarda a quell’area è Stefano Parisi. Tre anni fa sembrava dover essere lui il cavaliere bianco che avrebbe risollevato il centrodestra con il suo partito «Energie per l’Italia». La montagna ha poi partorito un topolino. Così come, giusto per rinfrescare i ricordi, è andata con i partiti fondati da Luca Montezemolo («Italia futura») o Corrado Passera («Italia unica»). Ora c’è anche Flavio Biatore a sognare. Ha appena lanciato un suo personale partito, il «Movimento del Fare», che «sarà formato da persone e personalità che metteranno la loro esperienza e le loro competenze a disposizione degli Italiani». E naturalmente non si può dimenticare che dal Pd è quasi in uscita Carlo Calenda. Lo aveva annunciato, se fosse andato avanti il dialogo con il M5S. Non ha nemmeno partecipato alla Direzione dem che ha rovesciato i dogmi di quel partito. Calenda da settimane minaccia di fare un altro partito perché una coalizione con i grillini avrebbe significato, ai suoi occhi, che «il Pd avrà definitivamente abdicato alla rappresentanza del mondo liberaldemocratico. Io questa cosa non la accetterò. E a quel punto sarà inevitabile lavorare a una nuova forza politica che rappresenti quel mondo orfano». Morale: sembra proprio che avesse ragione uno che di politica indubbiamente ne capisce, come Matteo Renzi. Anche lui ha un progetto di nuovo partito nel cassetto, ma rinvia puntualmente il D-Day perché non è ancora convinto del gran passo. E infatti diceva, a questo giornale, qualche settimana fa: «Di sicuro nascerà una forza di Centro, su questo non ci sono dubbi. Anzi, magari ne nascerà più d’una. Il problema casomai è se ne riesce a nascere davvero una seria, fatta bene».

L’intervista a Pier Ferdinando Casini.

Pierferdinando Casini, lei che di centrismo se ne intende, si sarà fatto un’idea sul manifesto politico di Urbano Cairo. «Premesso che conosco e stimo Cairo, è poi possibile che l’uomo non si presenti alle elezioni. Dipende anche dai tempi, perché non ci si butta mica dal quinto piano senza paracadute, ma il manifesto politico l’ha lanciato, eccome. E siccome Cairo è uomo di comunicazione, sa che, al di là dei contenuti, il fatto stesso di avere concesso una intervista del genere è una notizia. Sì, possiamo dire che da oggi ha fatto la sua discesa in campo. E mi si lasci dire che è anche una cosa bella, vedere un uomo che s’è fatto da solo e sente una vocazione per il suo Paese. Qui da noi, magari genera scandalo la discesa in campo di un imprenditore. Ma io ricordo bene altri tempi,quandocominciaiafarepolitica, e che cosa erano i poteri forti. Penso alla Montedison di Schimberni, ai Gardini, ad Agnelli. I poteri forti all’epoca davverousavanolapoliticacome un taxi. Oggi i poteri forti non esistono più e semmai gli imprenditori si espongono in primapersona». Il manifesto politico di Cairo, come lo definisce lei, è innanzitutto un orgoglioso rilancio dei capisaldi liberal-democratici in tempi di populismo. Non la meraviglia vedere quanto sia sguarnita quell’area e quanti invece si candidano a rappresentarla, Renzi e Calenda compresi? «Verissimo che l’area un tempo detta di Centro, o liberal-democratica, o moderata (ma moderato non significa pusillanimeoambiguo,quanto tenace ricercatore di soluzioni), è totalmente sguarnita. Effetto di anni di demolizionedellacompetenzaedella politica professionale. Che poi,fatemelodire,sonoipolitici di professione quelli che salvano il Paese da decisioni sgradite nei consessi internazionali. E i politici incompetenti sono quelli che si fanno rideredietroadognilivello». Tornando al paradosso di un’area così sguarnita eppure tanto ambita? «Innanzituttomivienedipensare che la discesa in campo di Cairo sollecita valori di cui troppo poco si parla ormai: sacrificio, professionalità, competenza. Parole d’ordine che sembravano scomparse dall’agenda. E’ importante tornare alla competenza. D’altra parte, guardate i giovanotti che sono al governo: ci sono arrivati facendo la lotta ai vaccini, ma poi si sono resi conto che i vaccini sono indispensabili e hanno fatto vaccinare i loro figli. Per fortuna, aggiungo io. In fondo, Cairo non inventa nulla.Anchequellasottolineatura che lui non si considera erede di Berlusconi… Ovvia. Cairo non è un suo replicante. E poi quell’eredità già non esistepiù». Previsioni? «L’area di Centro è lì, ma nessuno oggi la presidia. Le voci di Forza Italia, tolto Brunetta e la Carfagna, sono più salviniane di Salvini stesso; Forza Italia è già fuori dal perimetro moderato. Dall’altra parte, un tempo c’era Renzi, ma ora c’è Nicola Zingaretti che viene datutt’altra storia.E infatti adesso nasce con il M5S un governo che guarda a sinistra, addirittura con dentro glieredidiLeU.Miauguroanzi che non sia eccessivamentesquilibratoasinistra». Ma lei non pensa che la politica al tempo dei social vada da tutt’altra parte? «Indubbiamente la Bestia è una proiezione dello spirito dei tempi, e non solo in Italia. Ma è anche vero che queste pulsioni si bruciano in tempi velocissimi. E alla fine la gente chiede altro. Non è un caso se la gente guarda a Mattarella. Oppure se il tranquillo Giuseppe Conte sia in cima ai sondaggi di gradimento. Prima o poi, finirà anche il primitivismo della stessa Rete. Sta già capitando. I demolitori professionali ormai lasciano il tempochetrovano».