L’editoriale di Mario Ajello

O perazione chiarezza. Può piacere o non piacere la scissione renziana, però denuncia un problema identitario dentro il Pd e nel centro-sinistra che esiste da tempo e che nessuno ha avuto il coraggio o la capacità di sciogliere davvero. Ossia la compressione, fino alla strozzatura, di quella cultura liberal-riformista, che in parte (minoritaria) appartiene pure a certa sinistra ma soprattutto vive in un’opinione pubblica trasversale, post-ideologica e innovatrice senza etichette.

Un’opinione pubblica che si è riconosciuta a tratti in Forza Italia e in formazioni più piccole come quelle dell’universo radicale e cerca ancora spazio e rappresentanza vera. Naufragato il progetto berlusconiano, negli anni ruggenti del renzismo sembrava che questo lievito liberal-riformista potesse far crescere il Pd, liberandolo dalle catene del passato e riuscendogli a dare una fisionomia non più riconducibile alla sinistra tradizionale. Insomma, s’è creduto che l’egemonia degli ex Pci nel partito democratico potesse venire mitigata o addirittura superata grazie all’innesto di una cultura più innovativa e autenticamente liberale. La missione originaria di Renzi è stata quella di de-comunistizzare il Pd, operazione che pareva riuscita – la rottamazione, la battaglia contro la Ditta a questo servirono – e invece, purtroppo, no. Dopo la fine del governo Renzi e la decantazione del governo Gentiloni, il timone del Pd è andato di nuovo nelle mani degli ex Ds che sembravano battuti. Ciò ha comportato un rimpicciolimento del partito alle ultime elezioni politiche e una lieve tenuta nei successivi appuntamenti con le urne delle Europee e delle Amministrative. Lungo questo tragitto, non s’è sciolto l’equivoco di fondo: quanto possono convivere, nello stesso partito, due culture spesso antitetiche e due approcci diversissimi alle cose del mondo come sono quelli del liberalismo e quelli di un laburismo più o meno adattato ai tempi, che si vanta di venire da lontano con tutte le pesantezze ereditate compresa Bandiera rossa cantata alla festa dell’Unità? L’operazione Renzi va a incidere sull’identità politica del Pd e aspira a risolverne la contraddizione. E quando lui parla di un «ritorno al futuro» sembra evocare il 2007 e voler scogliere il matrimonio che allora si celebrò tra Ds e Margherita. Se guardiamo il bicchiere mezzo pieno, si può dire che Renzi compie un esercizio maieutico. Consente ai simili di restare con i simili, staccando i dissimili. Ma c’è da chiedersi: può riuscire oggi questa operazione chiarezza che in passato è naufragata? Oppure verrà schiacciata tra la nuova sinistra bifronte (comprensiva del grillismo) e il populismo estremo di Salvini? La partita che era a due ora diventa – se il progetto renziano prende piede – un match a tre. E tra scomposizioni e eventuali ricomposizioni, si potrebbe delineare questo scenario: da una parte il fronte Salvini-Meloni-Toti più un pezzo di Forza Italia; dall’altra parte lo schieramento dem tra Zingaretti, Franceschini, con il ritorno di Bersani e D’Alema e l’universo grillino in movimento a sinistra (anche sui territori); e nel mezzo un’area ancora da configurarsi in cui possono convivere Renzi, Calenda, Più Europa e pezzi di centrodestra moderato. C’è dunque uno spazio centrale, non centrista, che va coltivato e cucito (ma occhio ai personalismi, alla politica del narcisismo e dell’ego della bilancia) nelle sue varie articolazioni. La razionalizzazione del quadro politico potrebbe così essere l’effetto della scossa renziana. E un potenziale antidoto – europeista ma nel senso non asfittico e iper-rigorista della parola, sviluppista e modernizzatore da società aperta – rispetto al revival della dicotomia destra-sinistra, che rischia tra salvinismo e anti-salvinismo di bloccare l’Italia nei vecchi schemi rispolverati. I difetti di conduzione politica di Renzi sono noti (e non banalizzabili a una questione di carattere personale) e se lui avrà ragione o torto nell’iniziativa che ha preso si saprà presto. E lo dirà la vastità o l’esiguità del campo che riuscirà a mettere insieme.