Luciano Cerasa
La giornata di ieri si è conclusa con la consapevolezza che le distanze che esistono oggi tra il Partito democratico e il Movimento 5 stelle non sono insormontabili a tal punto da rendere possibili gli unici due scenari alternativi al pazzo governo rosso-giallo: il ritorno alle elezioni, con possibile vittoria di Matteo Salvini, e il ritorno dell’amore tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio, che la Lega vorrebbe ma che il M5s no. Salvo sorprese delle ultime ore, tra oggi e domani il capo politico del M5s, Luigi Di Maio, e il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, troveranno la quadra definitiva tanto sul programma quanto sulla squadra di governo. Nicola Zingaretti, dopo aver fatto cadere il suo veto sulla possibilità di costruire un governo con il M5s, ha fatto cadere il veto anche sulla premiership di Giuseppe Conte. E specularmente Luigi Di Maio, dopo aver ottenuto dal Pd garanzie sulla premiership per Conte e sul taglio del numero dei parlamentari, dovrà accettare un ridimensionamento del suo ruolo al governo (possibile resti solo ministro del Lavoro) e dovrà digerire una cessione dei ministri più pesanti (o Ambiente o Giustizia) al Partito democratico (al Mef il candidato numero uno per il dopo Giovanni Tria è Roberto Gualtieri, apprezzatissimo presidente della commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo). Non sappiamo ancora se il mostruoso esecutivo rosso giallo nascerà davvero. Ma se mai la pazza alleanza dovesse prendere forma potremmo dire che la nuova maggioranza è destinata a dar vita a un governo sbagliato nato per fare una cosa giusta: fermare il salvinismo. Si potrà giustamente dire che un’alleanza di governo tra il Pd e il M5s ha buone possibilità di essere una truffa politica, un errore strategico, un’alleanza da barzelletta, un accrocchio capace di tirare fuori il peggio sia del Pd sia del M5s (ma quale alleanza con un partito populista non lo sarebbe, vero Cav.?). E si potrà anche ricordare che fare compromessi su princìpi non negoziabili come possono essere il rispetto del garantismo, la difesa della globalizzazione, la sburocratizzazione dell’Italia, la collocazione del nostro paese nel mondo e la lotta contro i nemici della democrazia rappresentativa significherebbe fare di tutto per regalare all’Ita – lia un governo capace di competere in mediocrità e pericolosità con quello che per fortuna ci ha lasciato lo scorso 20 agosto. Eppure il governo sbagliato potrebbe riuscire nell’impresa giusta di arginare il populismo impegnandosi a non essere più una minaccia per la moneta unica, a non essere più un alleato dei paesi che sognano di distruggere l’Europa, a far tornare l’Italia un paese affidabile per gli investitori, a ridare all’Italia una politica estera non ostaggio degli amici di Maduro, a costruire all’interno di questo Parlamento un patto per avere un successore di Mattarella che sappia sentirsi a casa più a Bruxelles che a Mosca, a occuparsi di sicurezza non cancellando ciò che è stato fatto nel passato ma semplicemente ricordando che i trattati internazionali, e il diritto del mare, valgono più dei capricci di un ministro. Fare tutto questo con il M5s, un partito cioè che ha nel suo codice genetico la violazione dello stato di diritto, la passione per la decrescita felice, l’odio per le libertà economiche, la tentazione di dare un tocco di maoismo digitale alla nostra democrazia rappresentativa, risulta difficile immaginarlo. Ed è possibile che l’effetto del governo rosso-giallo (l’alleanza tra Pd e M5s, oggi, è una resa più per il M5s che per il Pd, un anno fa sarebbe stato il contrario) sia quello di tirare fuori non il meglio ma il peggio del primo e del terzo gruppo parlamentare di questa legislatura. Eppure il Movimento 5 stelle negli ultimi mesi, guidato più da Giuseppe Conte che da Luigi Di Maio, ha capito che per poter tentare di sopravvivere al fallimento generato dal governo gialloverde aveva bisogno di iscriversi al partito del tutto tranne che il sovranismo. Nasce così la svolta in Europa (da partito a favore dei gilet gialli a partito a favore dell’europeista Ursula Von der Leyen). Nasce così la svolta con la Russia (da partito putiniano e putinista a partito indignato per l’ambi – guità della Lega con i rubli di Savoini). Nasce così, con la parlamentarizzazione della crisi, la trasformazione di Camera e Senato nelle istituzioni simbolo del rispetto della democrazia (e non più in scatolette di tonno da aprire con le bombe). E nasce così, infine, anche la trasformazione di Giuseppe Conte, per gli amici Gonde, da avvocato del populismo ad accusatore del sovranismo. Le svolte del Movimento 5 stelle sono svolte maturate per opportunismo – e antisalvinismo – più che per realismo o, come si dice, per senso di responsabilità. Ma se l’opportunismo dovesse costringere Pd e M5s a fare quello che oggi sembra impossibile, ovvero tirare fuori il meglio e non il peggio dei due partiti, sperare che il governo sbagliato (ma non meno sbagliato di uno guidato dalle cubiste antieuro Borghi e Bagnai) nasca per fare anche delle cose giuste potrebbe essere un azzardo, ma forse non una previsione sbagliata. Altri popcorn, grazie.