Luciano Fontana

Caro direttore, la nostra recente storia democratica ci ha insegnato che, molte volte, gli interessi di partito vengono prima degli interessi del nostro Paese. Quanti governi sono caduti perché qualcuno pensava di racimolare qualche decimale di consenso in più alle elezioni? Se osserviamo lo scenario attuale, ci accorgiamo che dietro il posizionamento delle varie forze politiche ci sono dei legittimi interessi per la propria parte. Pensare che, in futuro, vengano anteposti gli interessi dell’Italia è una utopia irrealizzabile? Il sistema elettorale proporzionale è un impedimento maggiore ad anteporre il Paese al proprio partito? Sergio Guadagnolo.

Caro signor Guadagnolo, S olo in un sogno la sua utopia è realizzabile. Però qualche piccolo passo avanti forse è possibile farlo. Perché (e questa crisi ne è un esempio evidente) oltre agli interessi di partito sono entrati prepotentemente in ballo anche questioni personali: «o si fa come dico io o salta tutto», è attualmente la frase più in voga. E allora cerchiamo almeno di cominciarearimuovere queste impuntature, a dimostrare quel senso di responsabilità di cui il nostro tormentato Paese ha un gran bisogno. Togliamo di mezzo le ambizioni eccessive, guardiamo a pochi punti di programma realizzabili che migliorino la qualità della vita di tutti e facciano crescere l’Italia. Non vergogniamoci di trovare quei «compromessi» positivi tra forze politiche diverse. I partiti della cosiddetta Seconda Repubblica (e quelli della nascente Terza Repubblica) per interessi di parte hanno approvato leggi elettorali che impedivano di esprimere nelle urne oltre che un voto di appartenenza anche una scelta per il governo. Personalmente penso che un sistema elettorale a doppio turno risolverebbe tale problema ma, in attesa che questa scelta venga compiuta, sono indispensabili dei punti di mediazione che guardino agli interessi del Paese. Nei prossimi giorni scopriremo se c’è ancora speranza di vedere all’opera dei veri leader e non solo dei capi partito.