Marco de marco
Leopardi si vestiva di tutto punto, quando doveva leggere i classici latini e greci. Ma ora che il mondo è cambiato e a scuola non si va più col grembiule, bisogna chiudere un occhio su mode e capricci? A ben vedere, la dirigente scolastica di Scampia che ha impedito a un suo alunno di presentarsi con le treccine blu cobalto non si è limitata ad applicare il codice di comportamento concordato con i genitori, ha posto una questione molto più corposa. Questa. Va bene la discussione, vanno bene i pro e contro, ma poi bisogna decidere, e a quel punto qualcuno deve assumersi la responsabilità della scelta e motivarla. In un’Italia sempre pronta a rifugiarsi nell’eccezione di comodo, nell’opportunismo del «d’accordo, però», e nello snobismo liberal de «il problema è un altro», la direttrice Rosalba Rotondo ha dato un punto a tutti. Sarebbe stato facile se il caso fosse stato più clamoroso; se lo studente fosse stato trovato con un’arma in tasca o una svastica tatuata sulla testa: i contestatori si sarebbero messi nell’angolo da soli. E invece proprio davanti a un paio di innocue treccine colorate, portate da un alunno talentuoso, è venuta giù l’impalcatura protettiva dell’ipocrisia nazionale. La stessa che porta a evitare la discussione sugli stili di vita europei posti da Ursula von der Leyen. Ma a Scampia l’esito della polemica è confortante: il buon senso ha fatto seguito al rigore, tant’è che il ragazzo ha deciso di passare per il barbiere. Non sarebbe stata la stessa cosa se l’invocato «buon senso» avesse anticipato il rigore mortificandolo.