Marco Travaglio

Il governo sbagliato, nato per fare una cosa giusta, per non diventare il governo sbagliato che fa anche la cosa sbagliata ha la necessità naturale di portare avanti un progetto inderogabile, per quanto inconfessabile, che coincide con il massimo della discontinuità possibile: cancellare i quattordici mesi del governo populista sostituendo una maggioranza di governo formata da due populismi con un’altra maggioranza di governo formata principalmente da un populismo sgonfiato che per rimanere in piedi è costretto a poggiarsi sulla stampella di un partito, come il Pd, che è la negazione di tutto quello che fino a qualche tempo fa era il Movimento 5 stelle. All’interno di un governo formato dal Movimento 5 stelle non ci potrà naturalmente essere nulla di serio e nulla di strategico. Ma per quanto sia possibile che la vicinanza al M5s possa trasformare il Pd nella sesta stella di Beppe Grillo (speriamo di no) è altrettanto vero che l’agonia del Movimento 5 stelle (l’esecutivo giurerà a Bibbiano?) può permettere al Pd di usare questo governo per combattere insieme due populismi: quello vitale, antieuropeo, antisistema, antieuro, anti immigrati, xenofobo, sfascista incarnato dalla Lega e quello morente, ostile alla democrazia rappresentativa, ostile allo stato di diritto, ostile all’atlantismo, ostile al mercato, ostile alla globalizzazione, incarnato dal Movimento 5 stelle. Nel primo caso, per combattere il sovranismo che speriamo resti a lungo all’opposizione come sembra desiderare persino Donald Trump che ieri ha twittato in favore della premiership dell’amico Giuseppi Conte (lo ha chiamato davvero così), sarà sufficiente rendere il nuovo governo più presentabile rispetto a quello passato sul rispetto del diritto del mare, sul rispetto dell’Europa, sul rispetto dei trattati, sul rispetto delle imprese, sul rispetto dei fondamentali della nostra economia. Nel secondo caso, per combattere il populismo che continuerà invece a essere al governo, sarà sufficiente dimostrare ogni giorno che la possibilità del nuovo esecutivo di non fare la fine di quello precedente passa dal necessario rinnegamento della linea del vecchio governo. Il nostro amico Giuliano Da Empoli ha ragione a dire che, rispetto alla traiettoria del Pd, c’è una linea piuttosto sottile (ma essenziale) che separa l’esercizio del senso di responsabilità dall’harakiri. Ma oggi il Pd ha una grande anche se complicata opportunità: riuscire nel miracolo di utilizzare i parlamentari appartenenti a un populismo morto per provare a guidare un governo capace a colpi di discontinuità di uccidere un populismo ancora vitale. L’harakiri dell’unica opposizione al populismo è naturalmente possibile, ma la possibilità che il governo rosso-giallo metta in scena l’harakiri non solo del leghismo ma anche del grillismo è uno show per il quale forse vale la pena mettersi lì comodi, pagare il biglietto e godersi lo spettacolo.