Marco Travaglio

Fatto il premier, ora bisogna fare il programma e i ministri. E sarà lì, come avverte Beppe Grillo, che si misurerà il tasso di discontinuità del Conte-2 in salsa Aurora. Il premier, che un anno fa era descritto dai giornaloni come un mezzo impostore e un totale burattino e ora nuota nella bava e nella saliva degli stessi che lo insultavano, cita spesso l’articolo 54 della Costituzione: “…I cittadini cui sono affidate funzioni pubbliche hanno il dovere di adempierle con disciplina ed onore…”. È il fondamento della questione morale in aggiunta a quella penale, sempre ignorato dai premier precedenti, anche perché le loro squadre ministeriali erano zeppe di inquisiti, condannati e chiacchierati senza disciplina né onore. Fece eccezione il Conte-1, che non aveva ministri nei guai con la giustizia, anche se poi Salvini impose come sottosegretari Siri (che aveva patteggiato per bancarotta fraudolenta) e alcuni imputati. Stavolta, stando al Toto-ministri, almeno quel pericolo pare sventato. E sarebbe già un bell’elemento di discontinuità. Però non basta, perché ci sono personaggi che, pur intonsi sul piano penale, dovrebbero restare fuori per motivi etici o di opportunità: Conte dovrà fare una sana raccolta differenziata. Tutti parlano del o dei vicepremier (carica inesistente nel nostro ordinamento) e dell’In – terno, degli Esteri, dell’Econo – mia. Ma non vorremmo si trascurassero i nodi delle Infrastrutture e dell’Ambiente, fondamentali per un governo che voglia imboccare la strada dell’economia greene circolare, con l’obiettivo dei rifiuti zero e delle energie rinnovabili. Lì un disarmo bilaterale sarebbe opportuno. Delrio, brava persona, non ha brillato (per usare un eufemismo) su grandi opere, concessioni autostradali e controlli su strutture pericolanti come il Ponte Morandi: meglio che si tenga alla larga. Idem Toninelli, non tanto per le gaffe, quanto perché a dispetto della retorica sul Partito del No ha detto fin troppi Sì: a opere inutili, costose, dannose e pure bocciate dalle analisi costi-benefici da lui stesso disposte. Grillo invoca grandi “es pe rt i”: se insieme a Conte riuscisse a convincere Renzo Piano, Carlo Rubbia, Salvatore Settis o figure del loro calibro a mettersi in gioco per le politiche del territorio, del decoro, dell’energia e della cultura, si eviterebbero le solite facce ammuffite e tutti capirebbero il senso della parola “discontinuità”. Invece chi ha già fatto bene, come Gentiloni agli Esteri, Minniti all’Interno, Di Maio al Lavoro, Bonafede alla Giustizia e pochi altri, dovrebbe completare l’opera. Dell’ultimo governo non tutto è da buttare. E neppure del penultimo.