Massimo Cacciari (Silvia Truzzi)

Prime parole di Massimo Cacciari quando gli chiediamo che pensa dell’intervista su Repubblica in cui Matteo Renzi annuncia il suo addio al Pd. “Impressione positiva, è un discorso lucido. Finalme nt e”, comincia il prof. E poi aggiunge: “Certo è un peccato sia così tardivo. Se l’avesse fatto cinque anni fa la storia di questo Paese sarebbe stata diversa… Speriamo di non sentire adesso piagnistei per l’unità perduta. Renzi si è evidentemente reso conto di quello che ho predicato, invano, per anni: il Partito democratico è un generoso progetto fallito sin dall’inizio. Meglio tardi che mai, comunque”. Professore, Renzi dice: “Mi hanno sempre trattato come un estraneo, come un abusivo ”. La responsabilità è del par tito? La responsabilità è interamente sua nel non aver capito che era un estraneo. Sulle macerie del Pd ha fatto un’Opa dall’esterno: non apparteneva a nessuna delle culture confluite nel Pd e non ne proponeva una diversa. Voleva semplicemente rottamare il vecchio. Ma con la rottamazione non si costruisce una macchina nuova. L’ex premier ha rivendicato il tempismo dell’operazione: non è un agguato, dice, perché tutto è avvenuto quando il governo Conte bis era già nato. È così? Sì, ha ragione. Non ha fatto la scissione come gli altri che l’hanno fatta il giorno prima delle elezioni. È il secondo ex segretario che esce dal Pd: una maledizione? Questo dipende dal fatto che non c’è il Pd. Speriamo che grazie a questa mossa di Renzi, tardiva ma necessaria, il Pd si ricostituisca attorno alla leadership di Zingaretti, che certamente non è l’uomo solo al comando e ha le capacità di creare un gruppo dirigente. Che dovrebbe fare Zingaretti, secondo lei? Un vero congresso, con le tesi e una discussione seria, dove si può misurare con altre posizioni che esistono ma che non sono più completamente dissimili e divergenti come quelle tra i vecchi comunisti e Renzi. Lei ha capito qual è il nodo politico sul quale si è consumata la rottura? Renzi vuol fare Macron. I contenuti poi saranno quelli del suo governo, ispirati a un pensiero vagamente liberal. Che in Europa si possono incontrare con personalità come Macron, appunto. E in Italia con Conte. Un’intesa politica tra Conte e Renzi sarebbe molto logica: sono molto affini. Lei tutta questa vagheggiata voglia di centro la vede? Al momento no. In prospettiva sì: mica si può andare avanti con la battaglia tra estremismi. Non si può pensare di governare il Paese tra populismi di destra e di sinistra. Il punto è: il Pd si sposterà a s i n i st ra? Il suo destino è diventare un partito socialdemocratico. D’Alema e Bersani rientrera n n o? Può darsi, ma è secondario: non spostano nulla. Renzi riferisce dell’sms di Franceschini (fuori dal Pd non ti considererà più nessuno) e gli risponde dicendo: “Mi piace da impazzire quando mi danno per morto”. Troppo compiaciuto? È una risposta simpatica. Ma poi di che parla Franceschini, che ha perso anche a casa sua e si atteggia a grande capo? Renzi gli risponde dicendogli che lui ha portato il partito al 41 per cento e che a Firenze lui i voti li ha presi. È stato anche troppo gentile. Io dissento praticamente da tutto quello che Renzi ha fatto. Ha compiuto errori pazzeschi, per presunzione, arroganza, per ignoranza anche. Ma a differenza di Franceschini, che incarna l’eterno democristiano, è un animale politico. I sondaggi danno la cosa di Renzi tra il 3 e il 5 per cent o. È una quota a salire. E poi non mi stupirebbe se, attraverso le varie Boschi, i cerchi magici toscani, ci fossero già degli accordi con Conte. Molto dipenderà da Zingaretti: se va avanti con decisione il Pd può recuperare molto. La condizione è che il governo funzioni, altrimenti andremo alle urne in primavera. È in grado di rimettere insieme i cocci? Finché c’era Renzi doveva provare a tenere insieme i cocci. Adesso deve dimostrare di sapere guidare. E fondare un nuovo partito: nuove strutture, nuove direzioni, nuovo radicamento sul territorio. Che si chiami partito democratico o Geppetto non importa.