Maurizio Belpietro

Faccia da Conte. Ci vuole una faccia tosta per mentire così. Poche settimane fa il «presidente per caso» giurava: «Cerco maggioranze alternative? È fantasia». Poi la piroetta che da destra l’ha ricollocato a sinistra e oplà, tutto è dimenticato. Con tanto di beffa agli elettori scornati: «Ho avuto dei dubbi, ma li ho superati»
Accompagnato da un rigagnolo di saliva che minaccia di trasformarsi in un fiume in piena nei giorni a venire, Giuseppe Conte è salito al Colle per ricevere l’incarico di formare il nuovo governo. Se il presidente del Consiglio, fino a poche settimane fa, cioè prima di «matare» la Bestia leghista («Conte si è rivelato un torero gentile e feroce che ha domato i! selvaggio Salvini», lo ha descritto Francesco Merlo su Repubblica dopo le dimissioni in Senato), godeva presso i giornalisti di minor considerazione di un usciere di Palazzo Chigi, da ieri «l’ectoplasma, il politico per procura, il professore con un quasi curriculum» (sempre Merlo su Repubblica, ma prima che infilzasse Salvini e si dicesse disponibile a guidare un governo con il Pd) è divenuto una specie di eroe moderno, un uomo esperto e rassicurante cui affidare senza esitazioni le sorti del Paese. «Abile, turbo, educato e mai divisìvo» lo ha dipinto ieri Andrea Malaguti sulla Stornpo, segnalando che presto colui che era ritenuto un (vis)Conte dimezzato potrebbe non solo essere un Conte raddoppiato, con un incarico bis, ma addirittura per lui si potrebbe immaginare una salita al Colle. «Non tanto per ricevere mandati, quanto per distribuirli». Evviva. Giorni fa scrivevamo: A star is born, e nata una stella, riecheggiando il famoso film con Lady Gaga (da non confondersi con gagà, il nomignolo che parte della stampa aveva affibbiato al presidente del Consiglio per via delle sue giacche impeccabili, la pochette da taschino e il _baciamano alle signore). E bastato attaccare Salvini e contribuire a un ribaltone, perché tutto cambiasse e i severi giudizi su un premier chiamato marionetta improvvisamente mutassero. Aver fatto una giravolta, passando da un governo spostato verso destra a uno che pende verso sinistra, senza nemmeno cambiare pettinatura o tintura, gli ha consentito di ascendere nell’Olimpo degli statisti e dei padri della patria, cui tutto e perdonato, anche le capriole e le contraddizioni. Giuseppe Conte, il presidente per caso, uno considerato un turista a Palazzo Chigi (copyright Matteo Renzi), «la summa di tutte le incompetenze» (sempre copyright Giglio magico), ha giurato che mai avrebbe cambiato bandiera? Nessuno pare ricordarlo più. E tuttavia le frasi sono li da leggere, stampate sulle prime pagine dei quotidiani, e le registrazioni si recuperano facilmente sui siti online. «Non ho la prospettiva di lavorare per una nuova esperienza di governo» disse scandendo le parole il 24 marzo di quest`anno, per poi aggiungere affinché non ci fossero dubbi: «La mia esperienza di governo termina con questa». E vero, sono trascorsi cinque mesi e le persone in cinque mesi possono cambiare look e dunque anche opinione. Ma Conte, il presidente che e «impossibile odiare, più facile sottovalutare» (copvright del biografo della Stumpu che lo proietta al Quirinale), questi stessi concetti li ha ribaditi pochi giorni prima di compiere il doppio salto mortale. Era il 25 luglio quando, rispondendo alle insinuazioni che giravano alle Camere e nelle redazioni, disse: «Che io possa andare in Parlamento a cercare maggioranze alternative è pura fantasia». Eppure dopo un mese il presidente del Consiglio che sta per succedere a sé stesso fra pochi giorni andrà proprio in Parlamento a cercare una maggioranza alternativa a quella che lo ha eletto. Aveva ragione Conte: ci vuole fantasia a immaginare che chi ha chiesto la fiducia sul decreto sicurezza possa chiedere la fiducia su un programma che prevede l`abolizione del decreto Sicurezza dopo appena 30 giorni. Certo, ci vuole fantasia anche a pensare che chi, in quanto capo del governo, davanti ai magistrati, alle Camere e al Paese si è intestato la decisione di chiudere i porti poi, da capo di un nuovo governo, possa promettere ai magistrati, alle Camere e al Paese di riaprirli. Uscendo dal colloquio con il capo dello Stato, il premier incaricato ha detto che il suo non sarà un governo «contro» ma un governo «per»_ E, come se si affacciasse per la prima volta a Palazzo Chigi, ha tracciato la direzione di marcia, parlando dell”intenzione di rendere rigoglioso il Mezzogiorno con la stessa convinzione in cui promise un zolg bellissimo, mentre, a proposito del programma, ha citato la necessità di infrastrutture sicure e di reti efficienti, quasi si fosse scordato di essere il rappresentante di un partito che le infrastrutture le ha bloccate per un anno e mezzo. Il suo non sarà più il governo del cambiamento, ma il governo delle novità. E per il Paese annuncia un «nuovo umanesimo», ma forse ha in mente solo una nuova giravolta_ Conte riceve l’incarico nel segno del trasformismo politico. L’avvocato del popolo non c“e più. Ora c’è liavvocato che al popolo nega le elezioni.