Paolo Valentino
Il vento dell’Est spinge in alto l’estrema destra, ma non abbastanza da sconvolgere il quadro politico tedesco. Almeno per il momento. Nel voto regionale in Brandeburgo e Sassonia, l’AfD raddoppia nel primo e addirittura triplicaisuoi voti nel secondo, ma manca l’obiettivo dichiarato di diventare il partito più forte in entrambi i Land. Sia pure con una forte emorragia di voti, la Cdu della cancelliera Merkel rimane al primo posto a Dresda e continuerà a governare, anche se dovrà cercarsi un nuovo alleato al posto dei socialdemocratici. Più grave la sconfitta della Spd, che in Sassonia crolla al minimo storico e a Potsdam riesce faticosamentearimanere primo partito, superando di pochi punti l’AfD. Le proiezioni danno in Sassonia la Cdu al 32,5%, in calo di 7 punti rispetto al 2014. L’AfD balza al 27,8% (aveva il 9,7%) e il suo leaderregionale, Jörg Urban, parla di un «giorno storico», anche se non può nascondere la delusione di aver mancato il sorpasso della Cdu, cheisondaggi consideravano possibile ancora poche settimane fa. A sinistra sono in calo drammatico sia la Spd, scesa dal 12,4% all’8%, sia la Linke, che dal 18,9% del 2014 è ora ferma al 10,5%. Bene i Verdi, che sfondano nel Land, passando dal 5,7% all’8,5%. Se confermati, i nuovi rapporti di forza rendono complicata per la Cdu la formazione di una coalizione. Il ministro-presidente Michael Kretschmer, l’uomo che nell’ultimo scorcio della campagna ha trascinato la rimonta della Cdu, ha escluso ogni ipotesi di alleanza con AfD e questo rende possibili solo due alternative: un’alleanza a due Cdu-Verdi, che però disporrebbe di una maggioranza di appena un paio di seggi. Ovvero una coalizione Kenya, cioè nero-rosso-verde, tra Cdu, Spd e Grünen. Inoltre in Sassonia pende la questione dei seggi di AfD, che in base ai risultati ne ha ottenuti 38, ma ne avrà solo 30, il numero dei candidatirimasti in lista dopo che la commissione elettorale aveva bocciato perirregolarità una parte dei nomi. Nel Brandeburgo, dove governa sin dalla riunificazione, la Spd viene data al 26,5% (aveva il 31,9%) e ora avrà bisogno di almeno due partiti per rimanere al vertice del Land. A Potsdam, dov’è guidata da uno dei leader dell’ala dura, Andreas Kalbitz, in passato legato ad ambienti neonazisti, l’AfD sale dal 12,2% al 23,8%. La Linke, fin qui alleata della Spd, crolla dal 18,6% al 10,7%, facendo venire meno la maggioranza uscente nel Parlamento regionale. In calo anche la Cdu, che passa dal 23% al 15,7% di ieri. Ancora più smagliante che in Sassonia è il successo dei Verdi, che dal 6,2% passano al 10,5% e diventano l’eventuale ancora di salvezza per il ministro-presidente socialdemocratico Dietmar Woidke, che potrebbe ora ampliare a loro l’alleanza con la Linke. Il voto in Brandeburgo e Sassonia conferma la crisi dei grandi partiti di massa e il radicamento ormai profondo della AfD nelle regioni della ex Germania Est, dove il partito di estrema destra ha giocato tutto sulla retorica della promessa tradita della riunificazione, rivendicando per sé la missione di completare la Wende, la svolta del 1989. Fortemente influenzato dalla Flügel, l’ala più estremista, il messaggio di AfD ha infatti puntato non solo sui temi dell’immigrazione e delle ansie economiche causate dalla chiusura delle miniere di carbone, ma anche sulla narrazione della “memoria negata”, la percezione diffusa nella ex Ddr di essere considerati “tedeschi di seconda classe”, la leggenda della democrazia incompiuta. Sul piano federale, il voto di Dresda e Potsdam lancia un nuovo, serio avviso alla Grosse Koalition in caricaaBerlino. In un certo senso la stabilizza nel breve periodo, ricordando alla Cdu e soprattutto alla Spd quanto poco avrebbero da guadagnare da una rottura e da eventuali elezioni. La “coalizione va avanti”, ha detto Thorsten SchäferGümbel, uno dei tre reggenti della Spd. Per quanto ancora non è chiaro. Prossima verifica, a fine ottobre in Turingia.