Pasquale Napolitano

La vendetta di Matteo Renzi contro la Ditta rischia di fare la prima vittima nel governo giallorosso. Il rottamatore fissa paletti stretti per garantire l’appoggio delle sue truppe al Conte bis. La prima condizione è il no alla nomina di Paolo Gentiloni come commissario italiano Ue. Nei piani del segretario del Pd Nicola Zingaretti la poltrona in Europa per Gentiloni (contrario all’accordo con i Cinque stelle) sarebbe la ricompensa dopo l’allineamento alla posizione a favore del patto giallorosso. Ma subito è arrivato l’alt dell’ex leader dei democratici. Prima con due interviste, Renzi ha fatto capire di aver in mano le sorti dell’esecutivo. E soprattutto che non aver alcuna intenzione di mettere sul piatto gratis il voto dei propri fedelissimi per l’esperienza giallorossa. Poi nelle ultime ore, il rottamatore è stato più chiaro con Zingaretti: la nomina di Gentiloni renderebbe tortuoso il percorso al nuovo governo. Strada, dunque, in salita verso l’Europa per l’ex premier del Pd. Che a questo punto sarebbe tentato dall’idea di restar fuori. Però al momento Zingaretti appare intenzionato a confermare l’opzione Gentiloni per la casella di commissario Ue. Si va, dunque, verso il primo strappo interno al Pd. Uno strappo destinato ad arrivare a breve, perché la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, si aspetterebbe la nomina del commissario da parte del governo italiano entro venerdì: lo avrebbe detto lei stessa durante un incontro a porte chiuse con la delegazione della Cdu-Csu tedesca all’Europarlamento, aggiungendo di voler presentare la sua squadra all’inizio della prossima settimana. Insomma, una soluzione deve essere trovata a breve. Chi resterà fuori, certamente, dall’esecutivo Pd-Cinque stelle è Andrea Orlando. Due ore prima della votazione su Rousseau, che ha dato il via libera al Conte bis, l’ex ministro ha annunciato che non farà parte della squadra dei ministri: «Il segretario del mio partito mi ha proposto di fare parte del nuovo governo con una delega di grande rilievo, fatte salve le prerogative del presidente incaricato e del Capo dello Stato. Ringraziandolo per la proposta ho declinato». Resterà numero due del Pd. Vice unico, visto ingresso quasi certo nel governo dell’altro vice Paola De Micheli: per lei si profila la guida del ministero alle Infrastrutture. Mentre per Dario Franceschini è in arrivo la riconferma al ministero dei Beni culturali. I renziani non si accontentano però del veto su Gentiloni. Ma chiedono un’ampia rappresentanza nell’esecutivo: almeno tre caselle. Roberto Gualtieri dovrebbe andare all’Economia al posto di Giovanni Tria. Lorenzo Guerini, altro renziano, è in pole per il ministero della Difesa. Più nomi in ballo per la terza poltrona: Anna Ascani alla Pubblica Istruzione, Ettore Rosato agli Affari regionali, Emanuele Fiano all’Agricoltura. Per la guida del ministero dell’Interno, scartate le soluzioni Franco Gabrielli e Alessandro Pansa. La poltrona del Viminale va a Luciana Lamorgese. In casa grillina, la partita non è ancora chiusa. Oggi il premier incaricato Giuseppe Conte salirà al Colle per sciogliere la riserva. Luigi di Maio dovrebbe andare (con la benedizione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella) agli Esteri. Sarà promosso nella squadra di governo Stefano Putuanelli. Conferma per Sergio Costa all’Ambiente. In bilico Alfonso Bonafede alla Giustizia. Mentre non dovrebbe avere alcun problema Riccardo Fraccaro alle Riforme.