stefano zecchi
«Per il bene di mio figlio», dice la madre: e cosa c’è di più giusto per una madre che volere il bene del proprio figlio? Il problema è che spesso i genitori non sanno proprio quale sia il bene del proprio figlio. In una scuola di Scampia, il ragazzino si presenta in classe con capelli e treccine colorate di un bel blu. La preside non lo fa entrare in classe perché l’acconciatura del tredicenne non è ritenuta dignitosa per l’istituzione scolastica. Glielo dice e glielo ripete, chiedendogli di adeguarsi (…)(…) al comportamento dei suoi compagni: lui non s’adegua e neppure la preside s’adegua alla sua capigliatura. La madre del ragazzo va su tutte le furie e si presenta in commissariato per denunciare la preside che impedisce al figlio il diritto allo studio. Non c’è un regolamento che proibisca il colore blu dei capelli degli studenti, ma c’è l’obbligo del rispetto dell’istituzione. Lo studente capisce il problema e decide di tagliarsi le trecce e di avere una capigliatura più consona alla sede scolastica. Naturalmente le opinioni di genitori e studenti si contrappongono: la tesi dei «libertari» si riassume in una visione assolutamente permissiva, che poi è la strada più semplice da seguire. Poteva percorrerla anche la preside, fregandosene del colore dei capelli del suo studente. E invece s’intestardisce e pretende che il ragazzo abbia un aspetto meno pittoresco. La cosa interessante è che lo studente comprende l’esigenza espressa dalla preside, mentre la madre non recede dalla sua denuncia in commissariato. Quesito: la madre fa il bene di suo figlio? A me pare che sia stato il figlio a fare il bene di sua madre (e di se stesso). Oggi il verbo «proibire» è sinonimo di reato autoritario, ma se si riflette sul ruolo della scuola, non è poi così fuori dal mondo la posizione della preside, mentre è sbagliato il comportamento della madre. La scuola è un luogo di formazione attraverso la convivenza di una pluralità di figure, di cui le fondamentali sono gli insegnanti e gli studenti. Le regole sono le premesse per uno sviluppo ordinato di questa convivenza. L’educazione ne è un fondamento essenziale. In essa rientra il rispetto reciproco fatto di buone maniere, di un linguaggio corretto, di un aspetto non volgare. È chiaro che non esiste un codice ineccepibile dell’educazione e che questa è lasciata all’interpretazione di chi deve farla rispettare, però il buon senso e il buon gusto aiutano a fare delle scelte e a prendere delle decisioni. Sono convinto che la preside di Scampia abbia preso la decisione giusta per dimostrare a tutti gli studenti della scuola che esiste un decoro da rispettare per il rispetto dell’istituzione. E veniamo alla madre. Talvolta, inutile negarlo, i genitori hanno buone ragioni per protestare contro le decisioni prese dal personale scolastico, ma nel nostro caso la mamma del ragazzino dalle treccine blu dovrebbe ringraziare la preside che si è sostituita a lei nell’educazione del figlio. C’è da augurarle che un domani, il suo ragazzo, presentandosi in un luogo di lavoro, si ricordi che, oltre alle competenze, si devono rispettare anche i modelli di comportamento, il buon gusto, lo stile del luogo che andrà a frequentare, avendo compreso che nella vita, purtroppo, non si può sempre fare quello che si vuole.