Tonia Mastrobuoni

Niente sorpasso. L’incubo che l’ultradestra Afd diventasse il primo partito in due Land della vecchia Germania est e facesse tremare anche il governo Merkel, è stato scongiurato. Per Thorsten Schaefer-Guembel, uno dei triumviri della Spd, «è chiaro che ci sono differenze sostanziali», nel governo Merkel, «ma è altrettanto chiaro che andremo avanti» con la Grande coalizione, ha detto ieri ai microfoni dell’Ard. Secondo molti la resa dei conti vera è rimandata all’autunno, con la verifica del contratto di coalizione di metà legislatura e l’elezione del nuovo capo della Spd. Intanto, Schaefer-Gumpel ammette che i risultati della Sassonia e del Brandeburgo rappresentano «un grande sollievo, perché abbiamo potuto evitare che l’Afd diventasse il primo partito». L’ultradestra, però, registra un’avanzata inquietante: in Sassonia e Brandeburgo oltre un quarto degli elettori ha messo la crocetta sul partito che ha fatto della paura, del nazionalismo e della xenofobia il suo principale strumento di campagna elettorale. E continua a intercettare il voto di chi è rimasto bruciato dalla Riunificazione, chi si ritiene un perdente della caduta del Muro di Berlino. Lo slogan adottato in Sassonia, non a caso, è stato “Wende 2.0”, con riferimento alla “svolta” che mise fine al regime comunista. Come se la prima fosse fallita. Impressionante anche il boom dell’affluenza: in Sassonia aveva votato il 49% dei 3,3 milioni di elettori, ieri è stato il 65,5%. In Brandeburgo il 60,5% degli oltre due milioni di elettori si è recato alle urne contro il 47,9% del 2014. Il crollo della Cdu e la Spd segnala in entrambe le regioni che la crisi delle Volksparteien si aggrava e che prosegue il consolidamento, almeno a Est, di un terzo partito di massa che si colloca fuori dall’arco costituzionale, come si sarebbe detto una volta. Notevole anche il boom dei Verdi, ma rispetto ai sondaggi deludono, anche se prendono molti più punti rispetto alle ultime elezioni regionali. In entrambi i Land gli ambientalisti tedeschi saranno comunque cruciali per la formazione dei nuovi governi. Con i numeri di ieri, è esclusa sia una prosecuzione della Grande coalizione in Sassonia, sia la sola alleanza tra Spd e Linke in Brandeburgo: i governatori uscenti dovranno entrambi aggiungere un terzo partito per raggiungere la maggioranza nei parlamentini. I Verdi saranno l’ago della bilancia. Il leader Robert Habeck ha festeggiato un «risultato fantastico». In Sassonia la Cdu resta il primo partito con il 32,8% grazie a una rimonta eccezionale del governatore Michael Kretschmer, che nelle ultime settimane era dato testa a testa con il suo rivale dell’Afd, Joerg Urban. Con il quale, nonostante i mugugni della destra del partito, ha sempre escluso alleanze. «Ce l’abbiamo fatta», ha esultato Kretschmer ieri. «Questo è il messaggio che arriva dalla Sassonia. La Sassonia gentile ha vinto». Ma rispetto alle ultime regionali la Cdu ha perso sette punti. E l’Afd ha triplicato i consensi dal 9,7% di cinque anni fa al 27,8%. Un risultato da brivido. Alice Weidel, capogruppo al Bundestag, ha parlato di un «dato eccezionale» e ha definito «antidemocratica» la scelta della Cdu di escludere coabitazioni con il suo partito. Ma il segretario generale della Csu, Paul Zemiak, ha dato manforte a Kretschmer ricordando ieri sera che «escludiamo una collaborazione con l’Adf. Abbiamo assunto una chiara decisione a livello federale». In Brandeburgo, la Spd è riuscita a restare primo partito con il 26,1%, ma perde quasi sei punti rispetto al 2014. Qui l’Afd, che la tallonava da vicino fino ai sondaggi di ieri, si è fermata al 23,5%. Comunque un risultato notevole: cinque anni fa aveva incassato il 12,2%. Per il vicecancelliere Olaf Scholz «la Spd può ancora avere successo». Ma anche qui il governatore uscente Dietmar Woidke dovrà allargare l’attuale coalizione ai Verdi. La Linke, suo junior partner, ha perso quasi otto punti scivolando al 10,8%. Peraltro la sinistra radicale è l’altra grande sconfitta di questo appuntamento elettorale: passa dal 18,6% al 10,8%. Anche in Sassonia si è quasi dimezzata dal 18,9% al 10,2%.