Tommaso Labate
«Nel Movimento, gli iscritti hanno la prima parola…». Pausa, Max Bugani si avvicina a passo svelto verso il portone di Palazzo Chigi. Senza fermarsi, gira la testa verso la piazza. Aggiunge quel che deve per completare la frase. «… E anche l’ultima». Ecco, finisse nel peggiore del modi, con gli iscritti alla piattaforma Rousseau che votano in maggioranza contro il varo della nuova maggioranza giallorossa e contro il governo Conte 2, la scena iniziale del film sarebbe questa. Giovedì 28 agosto, quasi sera, manca poco al momento in cui Giovanni Grasso, consigliere per la comunicazione del Quirinale, darà conto della convocazione di Giuseppe Conte per l’incarico. Bugani, uomo forte dell’Associazione Rousseau, da qualche tempo in rotta con Luigi di Maio, che raggiunge proprio Di Maio a Palazzo Chigi. Cammina a passo svelto affiancato da Pietro Dettori, uomo cerniera tra la Casaleggio associati e i pentastellati di governo, che invece a Di Maio è legatissimo. E si fa carico lui, Bugani, di dirlo. Di dire che la piattaforma Rousseau avrà l’ultima parola su tutto. Ma fa così paura quel ricorso alla consultazione online che Di Maio — anche nel tesissimo colloquio telefonico con Nicola Zingaretti di mercoledì sera, quando tutto sembrava che dovesse precipitare per la sua casella aggiuntiva di vicepremier — ha evocato come fosse l’arma fine di mondo? Davvero il voto sulla piattaforma Rousseau è in grado di fermare le macchine di un governo già partito? La risposta, probabilmente, sta in un foglietto che alla Casaleggio custodiscono gelosamente. Contiene, freschi freschi di lunedì mattina, i sondaggi riservati sulla popolarità di Conte nell’elettorato M5S, i primi che tengono conto delle bordate anti-Salvini che il presidente del Consiglio ha tirato fuori nelle comunicazioni al Senato del 20 agosto. «Oltre il 60 per cento», scandisce chi ha avuto modo di vederli. Tanto per capirci, la popolarità del premier uscenteerientrante tra gli elettori è oggi di almeno quattro volte superiore a quella, tanto per fare due esempi, di Di Maio o di Alessandro Di Battista. Ed è questo il motivo che spinge la gran parte dei parlamentari del Movimento — ostili, per la stragrande maggioranza, al ricorso a un sondaggio che potrebbe rimettere in discussione la svolta giallorossa — a non perdere la calma. Già,i parlamentari. Nella seduta congiunta degli eletti a Camera e Senato che s’è tenuta l’altra sera, Di Maio non c’era, gli interventi a favore del Conte 2 sono stati la quasi totalità. I contrari o i perplessi sono facili da contare, sono quelli che hanno espresso dissenso pubblico (tipo Gianluigi Paragone) o prudenza (come Stefano Buffagni). Per la stragrande maggioranza di deputati e senatori, ilricorso alla consultazione su Rousseau è comunque un pensiero fastidioso perché sarebbero loro — non altri, non Conte, men che meno il Pd, figurarsi il Colle — i destinatari del diktat. Perché c’è un solo momento, uno solo, in cui l’improbabile «no» degli iscritti M5S al governo può trasformarsi in una richiesta formale. Quale? Semplice, il voto di fiducia al nuovo governo alle Camere. Il «bug», insomma, non è nel software. Né nel meccanismo decisionale. Sarebbe lì, nell’incredibile richiesta ai parlamentari di votare contro un governo che nasce proprio su impulso del Movimento, con un premier scelto dal Movimento che coincide, tra l’altro, con la personalità più amata dagli elettori del Movimento. Chi lavora sulla formulazione del quesito se lo immagina così. Semplice semplice, concentrato sulla parola «Conte», senza citare il Pd. «Volete voi che nasca un governo Conte 2, che si pone come obiettivi…?», e via con l’elenco dei punti programmatici. Da quando esiste l’ultima versione di Rousseau, il sì alle richieste formulate da Roma ha sempre vinto. La consultazione dovrebbe aprirsi il giorno prima che Conte torni da Mattarella per sciogliere la riserva. Poi, nella sede dell’Associazione Rousseau, farà il suo ingresso Valerio Tacchini, amico storico di BeppeGrillo e notaio del M5S. Gli daranno la solita sedia, su cui s’è già accomodato durante le altre votazioni, compresa quella delicatissima sul processo a Salvini per la storia della nave Diciotti. La sedia verrà posizionata davanti al solito computer. Poi, cronometro alla mano, Tacchini prenderà carta e penna e fisserà i numeretti dei sì e dei no all’ora esatta di chiusura della votazione. Che pare più scontata di quanto non sembri. Pare.