Negli ultimi giorni non ha mai fatto una telefonata, mandato un messaggio, cercato un aggancio esplicito ora con il Pd ora coniCinque Stelle. Del riserbo, anche per rispetto verso il capo dello Stato, ha fatto quasi un mantra. Il silenzio è d’oro mentre lascia il vertice internazionale francese, mentre matura l’intesa sul suo nome. Per un paradosso, proprio mentre è in volo fra Biarritz e Roma, quasi all’oscuro dell’evoluzione, viene proiettato al vertice del nuovo governo. Alle 21 a Palazzo Chigi si è alla stretta finale, ma se Conte resterà al suo posto, come sembra, lo farà cambiando ruolo, non più figura equidistante fra partiti, ma esponente di spicco a tutto tondo del Movimento, come ha chiesto Zingaretti. Alla fine il professore di Diritto privato prestato alla politica ha riconquistato il palco. Anche per merito proprio, per alcune mosse quasi tutte azzeccate,acominciare dal discorso di fuoco contro il suo vice Matteo Salvini, pronunciato in Senato pochi minuti prima di salire al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del capo dello Stato, fino alle indicazioni fatte trapelare dal G7 di Biarritz, alla disponibilità a correggere quel decreto Sicurezza tanto caro a Matteo Salvini (e tanto inviso al dem). Anche sotto questa luce l’«avvocato del popolo» sembra non avere sbagliato una mossa. Le tappe di una riconferma partono proprio dal tipo di affondo pronunciato contro Salvini al Senato, pochi giorni dopo arriva l’esclusione categorica di una nuova esperienza di governo con la Lega. Le parole pronunciate al G7: «La Lega è un’esperienza per me chiusa, non si potrà più riaprire». Insomma un successo che premia le qualità sino a poco tempo fa sconosciute dell’outsider, venuto dall’università, dall’insegnamento del Diritto privato, dalle consulenze per gli studi legali e che in poco più di un anno è riuscito a costruirsi una solida credibilità politicaeumana. Tra gli italiani e nel Palazzo. A Roma come all’estero, nelle tante capitali visitate. Esternando uno stile fatto di vari ingredienti: pazienza e spirito di sacrificio, competenza e autonomia, spesso in qualche modo protetto dalla scienza giuridica, tra i molti ostacoli frapposti sul suo cammino dal rapporto spesso conflittuale tra la Lega e M5S. Uno standing conquistato sul campo anche sui tanti e complicati tavoli internazionali, politici ed economici, di Bruxelles, del G7 e del G20. Rafforzati dall’estrema decisione e fermezza con cui il premier ha gestito la crisi aperta da Matteo Salvini, con cui si è guadagnato le lodi di varie cancellerie europee trattando il suo ministro dell’Interno senza alcuna reticenza. Doti di qualità, pazienza e temperanza che gli torneranno molto utili ora e in futuro nel gestire una nuova alleanza. A differenza della prima volta, di 14 mesi fa, trapela dal suo staff, quando alle 21 incontra Zingaretti e Di Maio, detta almeno una condizione: Conte metterà bocca nella composizione del nuovo governo. Se deve presiederlo non assisterà senza resistenza all’occupazione e alla divisione delle varie caselle dei ministeri senza dire la sua, vorrà una squadra che in qualche modo sia anche modellata sulle sue idee, sul programma da portareatermine, su competenze che nel caso del precedente esecutivo troppe volte hanno traballato. Dopo verranno le richieste dei partiti e in questo caso Conte ha già lasciato trapelare che è dispostoarivedere, se non a cancellare, le parti più estreme, dal punto di vista istituzionale, dei decreti Sicurezza varati da Matteo Salvini.