Emanuele Buzzi

L’inizio di una nuova fase, con incogniteesperanze. Il voto su Rousseau che conferma la nascita di un governo giallorosso segna due punti a livello politico: una vittoria della linea di Giuseppe Conte e la conferma di un nuovo equilibrio, di un nuovo asse guidato da Luigi Di Maio e, dietro le quinte, da Roberto Fico (che ha commentato: «Oggi il Movimento ha deciso di non arrendersi»). Non a caso è proprio il capo politico dei Cinque Stelle che con i suoi commenta la vittoria, con parole chiare, che segnano la discontinuità con il passato gialloverde (e anche con alcuni malumori interni al gruppo). «Voglio un governo che lavori e lo faccia con serenità, non seguendo interessi personali ma per il benessere del Paese. Voglio un governo senza conflitti», dice Di Maio. La chiave del futuro del Movimento e del governo è in un numero: 79%. Tanti sono i sì che «sposano» l’alleanza con i dem e che cambiano i piani e le prospettive dei Cinque Stelle. «Una percentuale inattesa alla vigilia», commentano i vertici pentastellati, una percentuale che ricompatta di fatto il Movimento. Non a caso, nelle ore successive alla consultazione ilritornello che si sente dai parlamentari è «Inizia una nuova fase». E stavolta non sono parole di rito. Anche Alessandro Di Battista si dice «fiero» dei votanti e commenta al Corriere: «Questo voto dimostra che c’è democrazia nel Movimento: nessuno fa prendere decisioni così importanti ai propri iscritti. Il fatto che sia stato un plebiscito dà grande responsabilità al governo perché evidentementeègradito alla stragrande maggioranza degli iscritti al Movimento». E la responsabilità e l’attesa è sulle spalle del premier. Conte ha atteso l’esito del voto al lavoro, in una giornata dove i Cinque Stelle si sono chiusi a riccio, nonostante una certa serenità sull’esito del voto. Il presidente è al lavoro sulla lista dei ministri e il voto quasi bulgaro segna anche un punto di apprezzamento nei suoi confronti. Nella testa di Conte c’è la volontà di creare un governo senza tensioni e la decisione di affidare a un tecnico di fiducia il ruolo di sottosegretario alla presidenza del Consiglio lo rende di fatto padrone di casa a Palazzo Chigi. (Un punto questo contestato dal Movimento che vorrebbe in quel ruolo Riccardo Fraccaro o, in alternativa, Vincenzo Spadafora). Con questo «ruolo», quello di dominus a Chigi, Conte si confronterà con Di Maio, che «molto probabilmente» sarà ministro degli Esteri. E proprio il nodo della squadra è l’oggetto di un vertice notturno che — secondo indiscrezioni — ha visto protagoniste diverse delegazioni dei partiti e che potrebbe coinvolgereileader dei due partiti di maggioranza e il presidente incaricato. Il premier starebbe lavorando per inserire ministri tecnici di sua fiducia nel puzzle. La squadra rimane uno dei punti di tensione all’interno del gruppo parlamentare. «Ci sono sensibilità diverse rispetto alla Lega, servono nomi diversi», commenta un falco. Ma gli ortodossi dovrebbero essere accontentati. In prima linea per la nomina a ministro ci sono due esponenti, Federico D’Incà e Nicola Morra. La grande incognita per l’esecutivo giallorosso è proprio il rapporto che si instaurerà con deputati e senatori. «Riscopriremo la via parlamentare», dicono sibillini alcuni pentastellati. E poi precisano: «Con i dem cercheremo la massima collaborazione». Punti di vista che evidenziano sia uno storcere il naso di fronteaeventuali tecnici sia il fatto che la ritrovata unità tra ortodossi e pragmatici sarà subito messa alla prova dell’Aula.

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  1. […] Rousseau ha detto si. Il voto su Rousseau che conferma la nascita di un governo giallorosso segna due punti a livello politico: una vittoria della linea di Giuseppe Conte e la conferma di un nuovo equilibrio, di un nuovo asse guidato da Luigi Di Maio e, dietro le quinte, da Roberto Fico. Non a caso è proprio il capo politico dei Cinque Stelle che con i suoi commenta la vittoria, con parole chiare, che segnano la discontinuità con il passato gialloverde. La chiave del futuro del Movimento e del governo è in un numero: 79%. Tanti sono i sì che «sposano» l’alleanza con i dem e che cambiano i piani e le prospettive dei Cinque Stelle. Sul Corriere a pagina 3. […]

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