Buongiorno a tutti. Le fibrillazioni nel governo. Renzi e Di Maio fano asse per cambiare la manovra. Centrodestra in piazza e seconda giornata della Leopolda. La fragile tregua in Siria. Barricate e scontri a Barcellona.
Buongiorno a tutti. Le fibrillazioni nel governo. Renzi e Di Maio fano asse per cambiare la manovra. Centrodestra in piazza e seconda giornata della Leopolda. La fragile tregua in Siria. Barricate e scontri a Barcellona.
Buongiorno a tutti. La soluzione non soluzione della Brexit, il cessate il fuoco di Erdogan in Siria, la manovra, le fibrillazioni del governo, Franceschini: con i soliti diktat il governo muore; Zingaretti: se Renzi boicotta il governo, alle urne con Conte premier, l’apertura della Leopolda è il menù del giorno. I rifiuti sono il petrolio del futuro dice De Scalzi al Sole e poi tre incursioni nello sport. Buona lettura a tutti.
Buongiorno a tutti. Mattarella le canta a Trump, Conte al Corriere e al Fatto. La notte in cui il governo ha ballato. Le polemiche sulle misure della manovra: le manette agli evasori e il contante. Buona lettura a tutti.
Buongiorno a tutti. I giornali di oggi aprono tutti con la manovra varata stanotte dal consiglio dei ministri. Tranne Repubblica che apre con la chiusura della Whirpool: Cosi si uccide una fabbrica. La guerra della Turchia, le armi italiane, la mamma e il bimbo abbracciati in fondo al mare di Lampedusa, la Catalogna, il duello Enzi Salvini da Vespa, un intervento di Papa Francesco sul Corriere, l’ultimo disco di Battiato e il suo male misterioso. Buona lettura a tutti.
Manovra. Con un sms a Gualtieri Conte avverte gli alleati: coraggio sull’evasione o è inutile andare avanti. Duello con Renzi che non vuole votare il decreto fiscale. Anche il M5S si oppone a «specchietti per le allodole». Per Palazzo Chigi è inaccettabile lo sbarramento al tetto da mille euro. Il premier vuole tre miliardi per «premiare» chi fa i pagamenti con moneta elettronica.
Monica Guerzoni e Lorenzo Salvia sul Corriere. In un clima di forte tensione nella maggioranza, il presidente sente che il Pd e Leu sono dalla sua parte e scrive a nuora (Gualtieri), perché le suocere (Renzi e Di Maio) intendano. «Per il superbonus vanno previsti tre miliardi», è l’ultimatum di Conte, che ci mette la faccia come mai prima: «Mi assumo io la responsabilità di trovare poi le risorse l’anno prossimo se non dovessero tornarci dal recupero dell’evasione». E ancora, per scolpire la sua leadership: «Mi piacerebbe che tu fossi al mio fianco in questa battaglia, altrimenti mi assumerò anche da solo la responsabilità davanti al Paese». Monica Guerzoni e Lorenzo Salvia sul Corriere.
Isidoro Trovato sul Corriere. I commercialisti: no al carcere a ai limiti per le banconote. «La soglia di mille euro per il contante è bassa. Meglio incentivare i pagamenti elettronici». Toccare le detrazioni può indurre a una maggiore evasione Le somme sottratte al fisco prevedono complicità diffuse. Isidoro Trovato sul Corriere.
Le misure. Quota 100 resta invariata Pressing deisindacati sull’uscita delle lavoratrici. Più sgravi all’industria che innova, meno tasse in busta paga da luglio E resta il bonus degli 80 euro. Pubblico impiego: il rinnovo dei contratti. La spinta all’ambiente e al digitale. Recupero dell’inflazione al100%fino a 2.029 euro. Per il ritiro a 62 anni finestre di 3 e 6 mesi.
Il lavoro. Meno tasse in busta paga per i lavoratori, ma anche più incentivi per gli investimenti tecnologici e ambientali delle imprese, con la conferma e il potenziamento degli sgravi del piano Industria 4.0. «Più soldi in busta paga, più investimenti e un robusto pacchetto famiglia», promette il ministro dell’Economia Roberto Gualtieri. Il taglio del cuneo fiscale sarà una delle misure di punta della manovra. Partirà dal prossimo luglio e dovrebbe alzare lo stipendio netto dei lavoratori con redditi fino a 35mila euro lordi annui. Per gli attuali percettori del bonus Renzi da 80 euro non dovrebbe cambiare nulla, mentre un bonus decrescente verrebbe introdotto per chi guadagna tra 26.600 euro (tetto attuale del bonus Renzi) e 35mila.
Pensioni. Alla fine, il gioco dei veti incrociati nella maggioranza, ha bloccato qualsiasi intervento su Quota 100 (in pensione a 62 anni d’età con 38 di contributi). Ancora ieri mattina il premier, Giuseppe Conte, spiegava: «Si è ragionato sulle finestre di uscita ma niente è stato ancora deciso». Poi nel pomeriggio non solo i 5 Stelle, duramente contrari a questa ipotesi, ma anche al ministero dell’Economia spiegavano che nulla sarebbe cambiato. Se non è passata la stretta che avrebbe fatto risparmiare già 600 milioni il prossimo anno non sono di conseguenza passati neppure i miglioramenti chiesti dal sindacato, per esempio, per favorire l’accesso delle donne a Quota 100 (oggi sono poche quelle che arrivano a 38 anni di contributi). Piccola consolazione, la mini rivalutazione degli assegni tra 1.500 e 2.000 euro. Interventi più ampi sono rinviati a tempi migliori. Nell’immediato, sarà battaglia in Parlamento.
Chi pensa ai giovani. La cattiva notizia è che negli ultimi nove anni un milione di giovani se ne è andato dall’Italia, secondo l’Istat, ma per motivi amministrativi questa è una cifra errata per difetto: sono di più. Proprio qui, nella perdita di un’umanità giovane e dinamica, si trova una grande causa della stagnazione del Paese. La buona notizia è che il crollo degli interessi sul debito e la lotta all’evasione potrebbero liberare molte risorse nei prossimi anni. Sarà il momento per questo governo di mostrare una sua visione della società. Se ne ha una. E, naturalmente, se ai prossimi anni ci arriva. Federico Fubini sul Corriere.
Italia-Usa. L’alleanza che Washington sta rendendo più difficile. L’atteggiamento del presidente Donald Trump complica il tradizionale legame con gli Stati Uniti come è emerso dalla visita del segretario di Stato Pompeo. Maurizio Caprara sul Corriere.
Buongiorno a tutti. L’embargo dell’Europa alle armi alla Turchia. Il rinvio a stasera del consiglio dei ministri che deve varare la manovra. Quota 100, il limite dei contanti, il cuneo fiscale e lo scontro Di Maio-Renzi. La sentenza contro gli indipendentisti catalani. Il discorso della Regina che per Costituzione deve annunciare il programma di Jhonson.
Buongiorno a tutti. Stamattina niente rassegna nella forma tradizionale. Solo quattro pezzi e una lacrimuccia. Buona lettura.
Annunziata. La lacrimuccia è quella che ha versato Lucia Annunziata ieri in diretta a Mezz’ora in più leggendo le agenzie della morte della giornalista, donna, attivista politica. Si è commossa e poi ha scritto un pezzo con il cuore. Poche righe perchè lo spazio è quello che è, ma è – per punti – un capitolo di storia. Ve lo metto qui senza link oggi. Leggetelo. Non vi perdete. È un pezzo difficile, un capitolo di storia. Un bignami.
Elle Decor. Dentro il pezzo dell’Annunziata c’è un passaggio su 26 miliardi. Una notizia nuova per me. Eppure, leggo tutto, mi era sfuggita. Metto Siria 26 miliardi e mi escono tutti ipezzi sui 26 morti e un pezzo di Elle Decor. Vi metto qui anche quello. Senza link. Falcone e Carla del Ponte dicevano “Segui i soldi”. Insomma, la chiave di questa guerra sarebbe la sistemazione dl pil turco, delle aziende di costruzioni turche in crisi. E la Banca Mondiale che generosamente finanzia un progetto del genere.
Catastrofi. È una scienza, un corso universitario e ha fior di specialisti “l’economia delle catastrofi”. L’avevo studiata qualche anno fa. Cercate su google. E se non siste troppo cinici con un pelo sullo stomaco lungo così, magari scende anche a voi la lacrimuccia.
Buddenbrook. Ci vorrebbe Thomas Mann per raccontare la storia di Carlo Debenedetti che vuole ricomprasi Repubblica. Ma come vi regalo Repubblica e voi ve la vendete per farci un sacco di soldi senza aspettare che sia morto? Non lo scrive nessuno stamattina. Non c’è Thomas Mann, ma nemmeno cronisti che spieghino “come se fossi un bambino di cinque anni” quello che sta accadendo. Ieri Libero ha pubblicato una intervista di Feltri a Montanelli di quarant’anni fa. Diceva che i giornali non si vendono perchè sono fatti male. Non è cambiato nulla. Mi sento molto Massimo Bordin stamattina. Quando non trovava il pezzo che lui pensava ci dovesse essere, lo faceva lui in diretta. Ecco. Ciao Massimo, maestro ti tutti noi che facciamo rassegne, proteggici, ovunque tu sia.
Makkox e Salvini 2.0. La quarta cosa da leggere è l’articolessa di apertura del Foglio di oggi. Un’intervistona a Matteo Salvini. Fedeltà all’atlantismo (“senza se e senza ma”). Rassicurazioni sull’Europa (“non voglio uscire”). Chiarezza sull’euro (“assolutamente irreversibile”). E poi Conte, Di Maio, Renzi, Zingaretti, Trump, Savoini, le tasse, la giustizia e le idee per la Lega che verrà. Ma il vero pezzo forte è la vignetta del genio di Makkox. Il bagnino Salvini dell’ong Salvali con Salvini in spiaggia che salva mamme con bambini: “Presto, se ci sbrighiamo gli diamo lo ius-naufraghi e prima di sera sono in albergo accanto alla nuova meravigliosa moschea che abbiamo inaugurtao a Varese”. Tornerà, e ancora una volta intercetterà la pancia del paese, che sarà mutata, sarà più accogliente e tollerante, aperta. Mentre tutti gli altri saranno impegnati a emulare le sue vecchie posizioni.
L’ingratitudine di tutti noi. La guerra della Turchia ai curdi di Lucia Annunziata.
Gli ultimi della terra muoiono senza lacrime versate per loro, e senza telecamere a documentarne la fine. Negati i loro diritti a essere protagonisti della comunità degli uomini fino alla fine. L’annullamento di questa identità è l’ennesima forma che prende il massacro nei tempi moderni — annegare non (solo) nel sangue le minoranze, ma negarne tutto fino alle radici, il suolo dove si è nati, le case, le abitudini, la lingua, la religione, per cancellare ogni pietra, fino alla negazione della memoria, l’ultimo pugno di sale romano. Perciò i loro eroi, specialmente se questi eroi sono donne, devono essere assassinate ai bordi di una strada. Perciò i giornalisti che sono testimoni della loro storia devono essere eliminati. Il passato deve morire, perché al suo posto venga portato un altro popolo, esso stesso scelto fra gli ultimi della terra, gente ancora più sradicata, che varca gli spazi degli inquilini precedenti, stordita, provvisoria, depositata dove capita dalle onde finali di un’altra drammatica storia. È quello che succede in queste ore nel Nord della Siria, sulla pelle dei Curdi. E non fatevi distrarre dal rumore delle bombe, il rombo dei cingolati, il variare di interessi geopolitici e alleanze, alla fine — al cuore degli eventi, c’è solo lo scambio osceno fra due miserie, due sopravvivenze: il baratto fra 3 milioni di rifugiati siriani, e qualche centinaia di migliaia di curdi. I primi arma di ricatto, i secondi granelli di sabbia nell’ingranaggio più grande del potere globale, entrambi sacrificabili a uno schioccar di dita, o l’arrivo di un tweet. L’ultimo dei Sultani Ottomani ha mosso il suo esercito per svuotare e occupare lungo i quasi 500 chilometri tra il fiume Eufrate e il confine iracheno una fascia di territorio di 32 chilometri di profondità, l’equivalente di 15mila chilometri quadrati, l’8 per cento del territorio nazionale siriano. In questi 15mila chilometri nascerà un progetto di ripopolazione senza precedenti, dove dal nulla sorgeranno case, scuole infrastrutture per il valore di 26 miliardi di dollari. Un impegno non da poco, e in piccolo già provato con la ricollocazione di 360mila profughi Siriani in un’area a ovest dell’Eufrate. La zona che viene liberata in queste ore accoglierà, appunto, 3 milioni di profughi della guerra civile nella nazione di Assad. La geografia umana di quella zona non sarà più la stessa. Il che alla fine costituirà davvero una nuova sicurezza per la Turchia: in fondo un muro umano, uno stato diverso, è infinitamente più funzionale e certo più maneggevole di un volgarissimo muro di pietre e ferro e militari. Lo scandalo per questa invasione è tanto, in queste ore, ma il fatto è che non si tratta di una novità. I curdi sono stati spintonati, e sacrificati, numerose volte nella loro sfortunata vita. A memoria recente possiamo citare la loro espulsione dal Nord dell’Iraq nel 1991, durante la prima guerra del Golfo. In quel caso il traditore fu un altro presidente americano, George Bush padre, che arrestò la vittoria del suo esercito bloccandone l’avanzata sulla capitale, lasciando così in sella Saddam Hussein. Pagarono il prezzo di quella vittoria a metà gli sciiti e i curdi. I primi, alleati dell’Iran, vennero ridotti a poche aree nel sud del Paese. Al nord i curdi vennero espulsi verso la Turchia, dove erano attesi dall’esercito di Ankara che li decimò sparando ad alzo zero mentre scendevano dai passi si montagna. Sempre in Iraq nel 2014 cristiani, yazidi, e curdi vennero espulsi dal centro del Paese al nord, questa volta per mano dell’offensiva dell’allora giovanissimo Isis. Cinque anni dopo, questo agosto del 2019, quando il governo di Bagdad e le milizie iraniane hanno battuto e cacciato i combattenti dell’Isis, il territorio non è mai stato rimesso a disposizione dei suoi antichi e legittimi abitanti. Al loro posto, sui loro terreni, nelle molto case ancora in piedi, sono stati insediati i cittadini di una ennesima etnia di poverissimi sciiti. Pochi i cristiani che vi sono tornati. I numeri della distruzione culturale di questi cristiani e yazidi ( che Papa Francesco progetta di andare a visitare l’anno prossimo) sanno di decimazione: i cristiani all’epoca dell’espulsione dell’Isis erano in Iraq circa 1 milione e mezzo; in agosto un censimento nazionale ha rilevato che in tutto l’Iraq ne sono rimasti non più di 200 mila. E la memoria non può non annoverare nella lunga lista del furto di identità collettiva, il caos dei territori palestinesi, da dove gli arabi sono lentamente espulsi per essere sostituiti, con la tecnica dei insediamenti, da una popolazione israeliana sempre più numerosa. Certo, domani la Turchia si sentirà più sicura perché avrà frantumato il sogno di un potenziale stato Curdo, oggi fatto di spezzoni sparsi fra quattro nazioni, Siria, Iraq, Turchia e Iran. Un sogno diventato più forte per la generosa lotta fatta da questo popolo in nome e per conto nostro, Europa e Stati Uniti, contro l’Isis. Un sogno che ancora una volta si è spezzato davanti alla indifferenza degli alleati, la ingratitudine di tutti noi. Tutti noi che siamo oggi come al solito intrappolati in una vana gara di parole sul che fare. Una disputa diplomatica e di comunicati che si srotola al di sopra della vita di tutte queste persone per le quali ogni minuto vale per vivere o morire. E forse mai in tale solitudine, sotto l’occhio fermo di una opinione pubblica mondiale. Una lacrima che scenda da quell’occhio fermo è l’unico vero omaggio che possiamo loro fare.
Elle Decor. Il progetto nascosto di Erdogan in Siria è un enorme investimento immobiliare? Case per 2 milioni di rifugiati, villaggi, città e ospedali: così Erdogan userà la crisi siriana per salvare l’economia turca di Carlotta Marelli.
Guerra e costruzione sono termini apparentemente contrapposti, ma se i bagliori di guerra tra la Turchia e la Siria avessero invece un legame a doppio filo con il mondo immobiliare?
La notizia è stata rilanciata dalla Reuters dopo l’annuncio dell’emittente statale TRT Haber della volontà di Erdogan di creare una zona cuscinetto, lunga 482 km e profonda 28 km, su cui costruire case per 2 dei 3,7 milioni di rifugiati siriani attualmente residenti in Turchia grazie a oltre 26 miliardi di dollari di aiuti che il Paese spera di ottenere dalla Banca Mondiale.
A sostegno di questa tesi Business Insider cita gli ottimi rapporti che intercorrono tra il presidente turco e i costruttori edili, che ha sempre sostenuto attraverso un progetto politico passato (anche) per ampie opere di cementificazione.
Ct Post riporta una nota di Wolfango Piccoli, copresidente di Teneo Intelligence, secondo cui “il progetto abitativo previsto dalle autorità turche è una possibile fortuna per le imprese di costruzione turche vicine all’AKP (il partito attualmente al potere)” e che questa notizia ha portato a un’impennata nelle azioni del produttore di cemento Mardin Cimento, la società con la sede più vicina al territorio siriano, mai così alte da 20 anni.
Secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa Reuters il progetto di costruzione nella “zona sicura” prevede la realizzazione di 140 villaggi con popolazione media di 5.000 persone e 10 città con 30.000 abitanti, ognuna dotata di ospedali, campi da calcio, accanto a 6.000 case (di dimensioni dai 250 ai 350 metri quadri più giardino, sostiene Erdogan), 11 moschee, nove scuole e altre strutture.
Per fare ciò, il presidente prevede di arruolare la Public Housing Development Administration (TOKİ), l’agenzia immobiliare turca sostenuta dal governo e nota per il suo coinvolgimento in alcuni dei piani di sviluppo più controversi del Paese negli ultimi decenni, compresi i progetti di costruzione che hanno visto consegnare i terreni pubblici ad appaltatori collegati al governo.
Importante è anche considerare lo stato del settore delle costruzioni in Turchia, che negli ultimi due anni ha visto chiudere o fallire centinaia di aziende, con una contrazione del 13% sono nell’ultimo trimestre e un continuo calo della vendita di abitazioni, lasciando un patrimonio immobiliare invenduto di quasi 1 milione di case riporta Ahval News.
In quest’ottica, il progetto di Erdogan di costruire alloggi in zone sicure potrebbe portargli un duplice vantaggio: da un lato placare la crescente rabbia dell’opinione pubblica nei confronti dei milioni di rifugiati siriani, dall’altra sostenere il settore delle costruzioni, favorendo gli alleati che hanno contribuito a mantenerlo al potere.
Prove di Salvini 2.0 di Annalisa Chirico
Quanto è costato quel tweet?”. Matteo Salvini si concede una pausa caffè tra una lezione e un selfie con i giovani partecipanti alla Scuola di Fino a prova contraria a Napoli. Il tweet a cui si riferisce l’ex ministro dell’Interno è il celebre “Giusep – pi”, endorsement trumpiano al premier Giuseppe Conte il quale, gli facciamo notare, ha dichiarato di non essere servo di nessuno. Anzi, si è paragonato a Bettino Craxi. “Conte come Craxi? Penso che Craxi si rivolterebbe nella tomba. Con tutte le distanze e le battaglie fatte a suo tempo contro il Psi, io ero un ragazzino, ricordo che a Sigonella Craxi la schiena non la piegò. Conte ha fatto il contrario. Venne da me imbarazzato, scusandosi, quando uscì fuori il video in cui chiedeva consiglio ad Angela Merkel. Ma ti pare che il presidente di uno stato sovrano pietisca consigli su come arginare l’avanzata di uno che ti ha portato al governo? Tra Craxi e Conte esiste un abisso, sono come il giorno e la notte. La verità è che ormai il presidente del Consiglio ha perso la testa, è capace di dire qualunque cosa”. Il Russiagate che ha inseguito lei per mesi, adesso porterà il premier a riferire dinanzi al Copasir circa gli incontri organizzati tra l’At – torney general statunitense e i vertici dei nostri servizi segreti. Siamo alla nemesi? “Il tempo è galantuomo, sempre e comunque. Io cerco di non condizionare mai la mia attività politica dalle vicende giudiziarie, sennò dovrei cambiare idea ogni quarto d’ora. La giustizia è uno dei grandi problemi del nostro paese. A me hanno chiesto se avessi preso soldi dalla Russia ma non ho mai visto un rublo o un dollaro. Setaccino pure: non troveranno nulla. Non so se Conte abbia fatto qualcosa di sbagliato ma, a giudicare dalle dichiarazioni degli ultimi giorni, lo hanno smentito tutti. Tira in ballo Mattarella e viene smentito da Mattarella; tira in ballo gli americani e viene smentito dagli americani; tira in ballo i servizi segreti e viene smentito dai servizi segreti; tira in ballo il Pd e viene attaccato dal Pd. Conte ha la coscienza sporca. O è abbastanza confuso o non ha la coscienza a posto”. Lo scorso 15 agosto, cinque giorni prima che il premier Conte desse a lei il benservito con il discorso in Senato, il direttore del Dis Gennaro Vecchione, su richiesta del premier, ha incontrato il ministro della Giustizia americano William Barr. Il tweet d Donald Trump è del 27 agosto. Coincidenze? “La domanda che sorge spontanea è: in cambio di cosa? Trump che arriva a definire Conte un uomo di enorme talento… sì, va bene, ma in cambio di cosa? Lo scopriremo solo vivendo. Il Copasir adesso ha un presidente, il nostro Volpi, e svolgerà i dovuti approfondimenti. Mi sembra che in questo caso si parli di fatti concreti, non di fuffa come la storia dei rubli che io non ho mai visto”. Lei forse no, ma c’è qualcuno che, usando il nome della Lega, negoziava affari al Metropol di Mosca. Matteo Renzi ha chiesto più volte perché lei, in qualità di segretario della Lega, non abbia querelato Gianluca Savoini per diffamazione. “A differenza sua, io non batto cassa con le querele, nella mia vita non mi ha mai mosso la sete di denaro. Non querelo quasi mai nessuno, neanche gli avversari e i giornalisti che ogni giorno me ne dicono di tutti i colori. Ho querelato Roberto Saviano, lui sì, perché ‘ministro della malavita’ è troppo. Penso che se sporgessi ogni volta querela, avrei già comprato un castello ma io non sono fatto così. Al di là delle indiscrezioni giornalistiche, io non vedo reati in questa storia moscovita. Perché dovrei mettere alla gogna una persona per mezza intercettazione smozzicata? Non agisco in base agli audio rubati, non è il mio metodo, non è la mia forma mentis. Savoini non è un dirigente della Lega, lo conosco come una persona perbene. In generale, se qualcuno sbaglia paga, se è della Lega paga doppio, e se prende soldi viene cacciato, anzi lo prendo a calci nel sedere. C’è una procura che indaga da mesi, ripongo massima fiducia nel lavoro dei magistrati milanesi. Mi devono dimostrare che sono usciti i soldi. Sa qual è la mia previsione? Che questa storia finirà in una bolla di sapone”. Tornando al Russiagate: lei ha capito perché Conte abbia tenuto per sé la delega ai servizi e abbia voluto a capo del Dis Vecchione? Voglio dire: persona rispettabilissima, un generale di divisione, ma inferiore in grado, per esempio, all’attuale numero uno dell’Aise, Luciano Carta, che è un generale di corpo d’armata. “Le rispondo così: questioni di famiglia. A parte tutto, quando al governo si è in due, ti assumi onori e oneri. Alcune nomine le abbiamo sbagliate, altre no. Così come i provvedimenti: tornando indietro non rifarei il reddito di cittadinanza, di certo non nel modo in cui è stato fatto. Purtroppo era una misura bandiera dei Cinque stelle: prendere o lasciare. Non c’è stato verso di farli ragionare, adesso vediamo che due volte su tre ci sono irregolarità, che magari lo pigliano gli ex terroristi e non chi ha davvero bisogno. Il reddito di cittadinanza non fa parte della mia mentalità, non è il core business della Lega. Secondo me questo paese ha necessità di un massiccio taglio delle tasse per chi fa impresa, non di redistribuire redditi prima che essi vengano creati.
Se non crei ricchezza, redistribuisci povertà. I navigator dovevano servire a reinserire le persone nel circuito lavorativo, mi pare che in Campania De Luca non li abbia assunti. Quindi a Napoli c’è il reddito d cittadinanza ma non ci sono i navigator, insomma si naviga a vista, tanto c’è il sindaco De Magistris sulla tolda di comando, siamo in ottime mani…”. Senatore, lei ha una straordinaria capacità di farsi nemici. O di farsi fraintendere, non so. Partiamo dagli Stati Uniti. Nei quattordici mesi di governo lei è stato il più filoamericano nella coalizione gialloverde. Alcuni esempi: sul Venezuela e l’opposi – zione a Maduro; sul memorandum d’intesa con la Cina fortemente voluto dal M5s; sul 5G e l’esercizio del Golden power con i Cinque stelle contrari. Nel suo appartamento c’è una bandiera a stelle e strisce… Allora, perché non fa chiarezza una volta per tutte? “Io detesto le etichette, sempre. Vorrei essere giudicato per i fatti, per le cose che faccio. Io sono italiano a favore degli italiani”. Per un uomo di stato le relazioni internazionali non sono un dettaglio: vanno curate. Lei vive di impeti… ma così fa un gran casino. “Un po’ è vero, nel senso che negli scorsi mesi non sono riuscito a eccellere in ogni cosa, non sono onnipotente, qualcosa mi è sfuggito. Mi sono accorto, per esempio, che mentre io ero molto scettico sul memorandum d’in – tesa con la Cina, qualcun altro se ne faceva promotore a mia insaputa. S’impara anche dai propri errori. Ma chi mette in dubbio il mio atlantismo merita uno sberleffo. L’Italia fa parte della Nato, e l’Al – leanza atlantica è funzionale al nostro interesse nazionale. Dico soltanto che è utile anche coltivare buoni rapporti con la Russia piuttosto che litigare con la Russia, è più utile avvicinare la Russia al contesto europeo piuttosto che abbandonarla in mani cinesi. Noto che al governo qualcuno tiene rapporti forti con il colosso cinese, e nessuno dice niente, nessun giornalista fa un’inchiesta per approfondire certi legami, niente. Si vede che Pechino è una grande democrazia”. A margine dell’Assemblea delle Nazioni unite, l’imprenditore Davide Casaleggio, presidente dell’Associazione Rousseau, ha tenuto uno speech sulla cittadinanza digitale. Qualcuno lo ha criticato perché a New York c’era pure il ministro Luigi Di Maio. Ha visto che ora è diventato ministro degli Esteri? “Fantascienza: quando l’ho letto, non ci credevo. Va bene tutto ma un minimo di umiltà nella vita ci vuole. Se l’avessero proposto a me, che pure non difetto di autostima, avrei detto: no, grazie. Non ci si può improvvisare così, bisogna avere rispetto delle istituzioni. So che detto da me può suonare strano, i miei avversari mi dipingono come un mezzo eversivo ma io ho un enorme rispetto delle istituzioni. Quando ho lasciato il Viminale, me lo ha confermato l’affetto della gente che ci lavora ogni giorno. Il ministro dell’Interno puoi farlo al massimo se stai dietro ai dossier e hai una squadra all’altezza: io, in quattordici mesi, ho dimezzato gli sbarchi. Punto. Ma per guidare la Farnesina servono competenze specifiche, devi saper maneggiare con disinvoltura la politica estera, la diplomazia, la geopolitica, le lingue straniere… I casi sono due: o Di Maio è un genio o Di Maio si vende per poco. Sarà la storia a giudicare”. Risposta secca, senatore: il suo modello di democrazia è Mosca o Washington? “La seconda, non ho dubbi. Premesso che non mi appassionano i modelli preconfezionati, è chiaro che la democrazia russa ha pochi anni alle spalle, quella americana qualche secolo. Se è per questo, anche il ‘sogno americano’, il suo immaginario culturale sono intriganti perché diversi dal nostro. Io sono sempre incuriosito dal diverso. Mi descrivono come un gretto che vuole innalzare muri: ma quali muri? Ma quale chiusura? Io dico: apriamo le finestre, aria, aria… senza farci fregare però. Quando tornerò al governo, perché ci tornerò dalla porta principale, sogno di mettere attorno allo stesso tavolo Mosca e Washington: è meglio tenere con loro il filo del dialogo piuttosto che sentir parlare di riarmo e missili a medio raggio, come stava facendo la Russia qualche tempo fa. Non voglio che i miei figli crescano in un continente dove ci si riarma con i missili a medio raggio”. In passato, lei ha elogiato la politica dei dazi, ora però l’Italia rischia di subire un grave danno economico in seguito all’entrata in vigore, il 18 ottobre, di quelli autorizzati dal Wto. Su questo, il presidente Trump si può criticare? “Trump persegue l’interes – se nazionale americano. Sui dazi: ce ne sono di buoni e di cattivi. Il riso italiano, per esempio, va protetto con i dazi, e se malauguratamente li togli, come ha fatto in passato l’Europa salvo poi cambiare idea, il mercato del riso viene invaso da quello proveniente dalla Cambogia e dal Vietnam che impiegano i bambini per un dollaro al giorno e usano fertilizzanti e pesticidi vietati da noi. Alcuni dazi servono a proteggere la qualità, l’eccellenza italiana, ma anche un certo modo di concepire il lavoro e i diritti dei lavoratori”. I dazi in questione rispondono ad aiuti di stato, ritenuti illegali, a favore di Airbus, una partita che non ha riguardato l’Italia. “Siamo cornuti e mazziati! Guardi, quando mi dicono: tu vuoi uscire dall’Eu – ropa, io penso: ma di cosa stanno parlando? Di cosa ciarlano? Chi parla così vive di schematismi, non conosce la realtà che è ben più complessa. Io voglio stare in Europa, non per passione ideale ma perché nel mondo di oggi l’Italia, fuori dall’Europa, è destinata a non contare nulla, a essere una provincia del mondo. Dico però che ‘questa’ Europa, così com’è, non va. Va riformata. Trump vuole questi dazi per ripicca nei confronti dell’Europa che, secondo l’ac – cusa, avrebbe protetto l’industria aeronautica francese e tedesca. Perfetto: francesi e tedeschi sbagliano e i dazi ce li prendiamo noi! Sulla Russia i tedeschi sbagliano e i dazi ce li prendiamo noi, adesso sulla Turchia qualcuno sbaglia e magari le conseguenze si scaricano di nuovo sull’Italia… Evidente – mente contiamo poco a livello internazionale ma sono sicuro che adesso che c’è ‘Giuseppi’, lui saprà cavarci d’impaccio”. Se parliamo di isolamento italiano, lei ha inseguito per mesi i paesi di Visegrád dai quali, francamente, non ha ricavato nulla sul fronte immigrazione. Le alleanze in Europa sono il suo tallone d’Achille, lo sa pure lei. “Certo che lo so, e quando tornerò a governare imposteremo un discorso nuovo in Europa. Per renderla più forte e per contare di più. Io sono un pragmatico: i problemi sono abituato a risolverli, non a crearli, per questo era impossibile continuare a governare con chi voleva soltanto mantenere la poltrona, non fare le cose. Io, al Viminale, ho portato risultati certificati dai numeri. Vado a memoria: gli sbarchi nel 2017 erano stati 120 mila, nel 2018 sono stati 23 mila, nel 2019 settemila. Per me vale il motto: ‘Chi fa da sé fa per tre’. Se avessi dovuto aspettare gli accordi di Malta, Conte, Merkel e Macron, campa cavallo… al terzo vertice ho capito che aria tirava e ho detto ai miei: qua o facciamo noi oppure ci prendono per fessi. Risultato: entro un paio di mesi il Tribunale dei ministri deciderà se devo essere processato per sequestro di persona aggravato e continuato per la presenza di minori a bordo, pena prevista fino a quindici anni di carcere”. Stiamo sull’Europa: anche il presidente della Repubblica Mattarella ha detto che il Patto di stabilità va riformato. Lo dice pure lei, ma con Borghi accanto. Ci dica la verità: per lei l’euro è reversibile oppure no? “Lo dico una volta per tutte, e poi spero che nessuno, dentro e fuori il mio partito, sollevi di nuovo questo tema. La Lega non ha in testa l’uscita dell’Italia dall’euro o dall’Unione europea. Lo dico ancora meglio, così i giornalisti smetteranno di alimentare fantasie strane: l’euro è irreversibile. Ciò non significa che io abbia cambiato idea su com’è nata la moneta unica: è nata male, per interesse di pochi e a vantaggio di molti.
E’ evidente che uno fa la minestra con gli ingredienti che ha, nel contesto attuale sei chiamato a ridurre il danno, restando in Europa e cercando di cambiare le norme più strampalate, come quelle che regolano l’erogazione del credito, le transazioni economiche… Avete visto che è stata bocciata la candidata alla Commissione europea, la più europeista degli europeisti, una signora che ha lavorato con Monti, con Prodi, indicata da da Macron”. Si riferisce alla francese Sylvie Goulard, designata al Mercato interno. “L’hanno segata giustamente perché aveva macroscopici conflitti di interessi, era finita in uno scandalo per l’uso dei rimborsi da europarlamentare… a conferma che non basta il santo patrono”. Lei la farebbe una conferenza con la stampa estera per dire, una volta per tutte, che la Lega non vuole l’Italexit? “L’ho già detto cento volte ma se la fa sentire più tranquilla va bene, facciamola”. Giancarlo Giorgetti non esclude che la Lega possa entrare nel Ppe. Del resto, perché il premier ungherese Orbán sì e voi no? “No, attenzione. Io e Giorgetti abbiamo buoni rapporti con alcuni movimenti che fanno parte dei popolari europei ma né io né Giorgetti né altri esponenti della Lega ci sogneremmo mai di entrare nell’attuale Ppe a trazione Merkel. Oggi abbiamo interessi contrapposti. Il Ppe sta governando l’Europa con i socialisti, io onestamente non ho niente a che fare con questi minestroni”. In Europa, senatore, siete alleati con quelli di AfD, i cui esponenti, in base a una recente sentenza del tribunale amministrativo di Meiningen, sono stati dichiarati “fascisti”. Non prova qualche imbarazzo? “Nessun imbarazzo, le spiego perché. Questa del fascista è l’etichetta che mi ricamano addosso da quindici anni. Se uno in Germania dovesse farsi un’idea di me e della Lega dalla stampa italiana, penserebbe di avere a che fare con un criminale. Per come vengo ritratto, io stesso avrei paura a incontrarmi. In democrazia però contano i cittadini. Alle ultime elezioni regionali gli amici di AfD hanno preso milioni di voti: o i tedeschi son diventati tutti fascisti, nazisti, trogloditi e antisemiti, oppure non è come ce la raccontano. Siamo nel 2019: non c’è alcun pericolo che tornino nazismo o fascismo, entrambi puniti dalla storia”. Un deputato leghista è sotto inchiesta per vilipendio nei confronti del presidente Mattarella. Le chiedo: secondo lei, è un’accusa giusta o è diritto di critica? “Ha usato toni esagerati che non condivido. In generale, io non sono mai per processare le idee. In passato, abbiamo raccolto le firme per abrogare i reati di opinione: secondo me, tutte le idee, anche le più strampalate, hanno diritto di cittadinanza. Uno può dire che Stalin era un grande, che Hitler era un grande, secondo me erano matti entrambi ma non mi sentirei di arrestare chi la pensa così. Confuto le tesi altrui con idee suffragate da fatti e verità storiche”. Non ho capito: il reato di vilipendio al capo dello stato va abolito? “Non è una mia priorità”. La Turchia di Erdogan, che ha già ottenuto da Bruxelles sei miliardi di euro per blindare la rotta balcanica, adesso minaccia di mandare 3,6 milioni di rifugiati in Europa. “La Turchia ha detto chiaramente: se non mi lasciate sterminare i curdi e osate parlare di ‘invasione’ della Siria, apro le porte a milioni di profughi. L’ha detto, cioè non ha mandato un messaggio velato ma ha lanciato un ricatto in piena regola. Avete forse visto reazioni sdegnate, manifestazioni di piazza, bandiere della pace, arcobaleni, sollevazioni di femministe o di centri sociali? Niente, silenzio, sembrano tutti distratti, eppure è in corso un vero e proprio massacro contro la minoranza curda che ha già pagato un tributo di sangue per difendere l’occi – dente contro l’Isis. Con l’aggravante che oggi i bombardamenti turchi nella Siria settentrionale hanno già fatto scappare i primi detenuti dell’Isis. Con il silenzio se non la complicità dell’Italia, dell’Europa e della Nato, qualcuno porta avanti un’operazione di pulizia etnica per interessi nazionali interni, rischiando di mandare a piede libero centinaia di detenuti dell’Isis. Molti di costoro provengono da paesi europei, quindi non stupiamoci poi se le bombe siriane provocassero, dio non voglia, problemi a Napoli o a Milano”.
Lei chiede più Europa? “L’Europa, quando serve, non c’è. Una politica estera europea non esiste, così come non esiste un esercito europeo. Piuttosto che dialogare con il regime turco che qualcuno vorrebbe addirittura membro dell’Ue, in quella parte di mondo bisogna rafforzare il dialogo con una potenza come Israele che resta l’unica democrazia del medio oriente. Forse il mio difetto è che lo dico gratis, lo dico perché lo penso, mentre altri personaggi parlano su comando, sono più manovrabili e influenzabili, perciò in questa fase appaiono più utili. Io però resto quello che sono, e non sono in vendita”. Stiamo sull’immigrazione: la bozza di accordo per i ricollocamenti preventivi, siglata tra Malta, Italia, Francia e Germania, fatica a decollare. “Io sono abituato a giudicare i fatti, non le parole. Conte sembrava così entusiasta, ci ha spiegato che siamo a un passo da una rivoluzione planetaria. Forse il governo ha scoperto di colpo che per fare un accordo non basta che lo firmi tu, devono firmarlo pure gli altri. Il testo di cui si parla riguarda solo gli sbarchi via Ong e navi militari, meno del 10 per cento degli arrivi. Su 28 paesi membri hanno aderito in tre: un successone”. Non tifi per il fallimento, senatore: se fallisce il governo, fallisce l’Italia. “Io indosso la maglia del mio paese ogni giorno, non me ne sto seduto in attesa dell’errore. Se fanno qualcosa di giusto, se ne azzeccano una, io sono contento. A me sembra che le sbaglino tutte: c’è troppa improvvisazione, troppa propaganda”. A proposito di propaganda, il governo ha varato il decreto rimpatri che taglia i tempi da due anni a quattro mesi, così ha detto il ministro Di Maio. “Vede, questo significa vendere bufale. Non c’è una formula magica per ottenere questo risultato: tu puoi pure espellere il migrante per rimandarlo in Senegal ma il Senegal se lo deve prendere. Mi ha stupito che l’ab – bia firmato pure il ministro Luciana Lamorgese che è un tecnico, un prefetto che conosco e stimo. Al tempo dei governi a guida Pd, Lamorgese eseguiva gli ordini, quindi si occupava di smistare migliaia di immigrati in giro per il Veneto e per la Lombardia. Questo non è il mio approccio. Adesso che è a capo del Viminale, spetta a lei impartire gli ordini, non riceverli. I numeri disponibili sul sito del ministero dicono a me e agli italiani che in un mese di governo giallorosso siamo passati dai 22 arrivi al giorno della gestione Salvini agli 80 della gestione Conte- Renzi-Di MaioZingaretti-Boldrini… Possono usare parole bellissime ma io li giudico dai fatti”. Lei adesso è un “senatore semplice”, come dice l’altro Matteo, Renzi, che però, da senatore semplice, ad agosto le ha fatto un bello scherzetto. “Da Renzi mi aspetto di tutto, è uno di quelli che tifa Fiorentina ma per convenienza sarebbe disposto a tifare Juve per poi passare al Napoli, al Milan, all’Inter”. Lo fa il confronto televisivo da Bruno Vespa? “Io sono uno sempre aperto al confronto. Certo, preferirei confrontarmi con Di Maio o con la Fornero che inseguo da anni per un dialogo civile, pacato e democratico. Dovrò accontentarmi di Renzi”. C’è qualcosa che invidia all’ex premier? Lui ha governato per mille giorni. “Io a Palazzo Chigi ci arriverò dalla porta principale, cioè dalle elezioni. Continuano a rinfacciarmi di aver detto ‘pieni poteri’: un’espressione forse equivoca ma sarei l’unico dittatore che chiede di dare la parola agli italiani. Renzi invece ha paura delle urne perché il suo partito è dato fra il tre e il cinque per cento. Una cosa gliela invidio: lui ha la capacità, di cui io sono sprovvisto, di cambiare idea ogni quarto d’ora. Forse dovrei imparare da questa spregiudicatezza: vai al governo per portare a casa ministri, viceministri e sottosegretari, il giorno dopo fondi un nuovo partito. A me fa schifo questo modo di intendere la politica. Se mai io perdessi la voglia di impegnarmi nella Lega, non riuscirei a cambiare partito, a cambiare squadra, a cambiare casacca. Se faccio una cosa è quella: se mi stanco, non prendo in giro la gente”. E’ vero che lei vorrebbe incontrare Papa Francesco? “Stando ai giornali, non so quante volte avrei chiesto un incontro con il Pontefice. La verità è che io non l’ho mai chiesto. Certo, come tutti i cattolici avrei piacere a incontrare il capo della cristianità dal quale ho solo da imparare. E poi ho la fortuna di incontrare quotidianamente frati, suore, monache, missionari, parroci di periferia”. Tutta questa esibizione di crocifissi e madonnine non sembra molto gradita. “Non m’importa: se una signora mi regala un rosario, io lo conservo con orgoglio. E’ un simbolo di fede e della nostra cultura, la civiltà cristiana, le nostre radici. Chi si vergogna delle proprie radici è destinato a scomparire”. Autonomia differenziata: il ministro per gli Affari regionali Francesco Boccia ha annunciato una legge quadro. Il governatore Luca Zaia prevede che si andrà alle calende greche. “Il rischio è concreto: questo governo temporeggia su tutto. La storia che l’autono – mia farebbe male al sud non sta in piedi: l’autonomia fa meglio al sud che al nord. Penso al caso rifiuti: l’anno scorso la regione Campania, a spese dei contribuenti, ha spedito in altre regioni italiane e all’estero 300 mila tonnellate di rifiuti. Eppure in altre parti d’Italia e del mondo i rifiuti sono una ricchezza perché diventano calore ed energia; interi quartieri e intere città sono riscaldati grazie alla valorizzazione dei rifiuti”.
Per farlo, però, servono i termovalorizzatori: l’Italia ne ha 40, la Germania 96, la Francia 126. “In Campania preferiscono tenerli per strada e farci i roghi tossici o le discariche abusive. Non è solo un problema di Napoli: a Roma quel genio della Raggi vuole spedire l’immondizia in Bulgaria, Svezia e Danimarca. Noi paghiamo e quelli, con i nostri rifiuti, fanno i soldi. Autonomia vuol dire che, se sei bravo, ti premio; se non sei capace ti mando a casa. Autonomia fa rima con responsabilità e merito. Autonomia vuol dire che ti vengo a chiedere conto di quello che fai, e questo vale pure per le liste d’attesa in ambito sanitario. E’ immo – rale che i campani o i calabresi debbano attraversare mezza Italia, in treno o in aereo, per curarsi. Allora, la domanda che pongo a De Luca e agli altri: se già oggi esistono due sanità, due scuole, due sistemi economici differenti, la colpa è dell’autonomia che non c’è?”. Trivelle: il piano, contenuto nel decreto semplificazioni del passato governo, rischia di arenarsi. “Io sono contrario alle estrazioni sottocosta ma questi geni vorrebbero bloccare le estrazioni in corso. A proposito di retroattività, io non so quanti di voi siano andati in vacanza a Viggiano, in Val D’Agri, nella splendida terra lucana. Migliaia di famiglie vivono di quello: se tu blocchi gli impianti, le getti nella disperazione. Ovunque, nel mondo, quando trovano il petrolio, fanno festa, da noi sembra una iattura, un flagello. La decrescita felice è una boiata pazzesca: se uno s’im – poverisce, non è felice e s’incazza. Noi abbiamo provato, per un anno, a contaminare il nostro ex alleato, a convincere i Cinque stelle a cambiare impostazione culturale, ma non ci siamo riusciti. Per la manovra finanziaria ormai pensano a tasse su ogni cosa, stanno rispolverando persino quella sulle bibite gassate e sul chinotto. Intanto la flat tax per le partite Iva fino ai 100 mila euro l’hanno già cancellata, e quella per i redditi fino a 65 mila vogliono burocratizzarla. Vogliono terrorizzare i ceti produttivi del paese proprio in un momento in cui serve una spinta alla crescita e agli investimenti. Del resto, viviamo in un paese dove s’impiegano dieci anni per riscuotere un credito, non c’è certezza della legge, incontro molti imprenditori che vorrebbero investire ma sono dissuasi perché non si fidano del nostro sistema giudiziario. Qui, se qualcuno ti frega, prima di tornare in possesso della tua azienda devi aspettare chissà quanti anni, il caso Ilva è istruttivo. Non sappiamo che fine farà l’acciaie – ria: se il governo decide di applicare retroattivamente la norma sulla responsabilità ambientale, l’Ilva rischia di chiudere. L’Italia, la seconda potenza industriale d’Europa, non può rinunciare all’acciaio”. La giustizia inefficiente rende il paese meno competitivo. “L’altro giorno ho letto a pagina 19 del Corriere un trafiletto di dieci righe che dava notizia della conclusione con piena assoluzione dell’inchiesta Finmeccanica per la commessa di elicotteri Agusta in India. L’allora ad Giuseppe Orsi fu arrestato, la vicenda ebbe un enorme clamore e, all’epoca, s’inda – gò pure per tangenti inesistenti a favore della Lega. Le accuse sono cadute nel nulla ma la stampa se l’è scordato e i cittadini non lo sapranno mai”. Si vede che il tema giustizia le è caro: uno degli ultimi Cdm del governo gialloverde durò nove ore per la sua opposizione alla riforma Bonafede. “Ogni quindici giorni dicevo a Bonafede: amico mio, qua il primo gennaio scatta la sospensione della prescrizione dopo il primo grado di giudizio. Per evitarlo, dobbiamo velocizzare i processi. A che punto siamo? Niente, la sua riforma era acqua fresca. Mi dava sempre la stessa risposta: sto studiando con i tecnici”. E lei ci credeva? “Volevo crederci. Lui mi diceva: sto studiando. Ad aprile, a maggio, a giugno, a luglio… mi diceva sempre che stava studiando. A un certo punto, gli ho detto: così non funziona. Se togli la prescrizione e non rendi i processi più rapidi, il cittadino diventa un imputato a vita. Io penso inoltre che vada introdotto un criterio di merito e responsabilità nelle aule giudiziarie: se un giudice non scrive una sentenza nei novanta giorni, deve incorrere in una sanzione, come ogni altro lavoratore. Io voglio vivere in un paese dove ci sono sessanta milioni di presunti innocenti, fino a prova contraria. La cultura dei Cinque stelle prevede invece che gli italiani siano sessanta milioni di presunti colpevoli, fino a prova contraria. E’ la barbarie. Abbiamo provato a cambiarli: non ci siamo riusciti”. Secondo lei, sulla prescrizione il Pd terrà il punto? “Quelli ingoiano la qualunque per restare al governo. Io sono preoccupato: qualcuno ha notizie di Zingaretti? Qualcuno lo ha visto ultimamente? Da settimane non si hanno notizie di Zingaretti mentre Renzi, che è uscito dal Pd, parla per il Pd”. Silvio Berlusconi ha aderito alla manifestazione del 19 ottobre a Roma. E’ contento? “Più gente c’è meglio è”. Finga un po’ di entusiasmo, senatore. “Io non sono mica per escludere qualcuno. Sono uno inclusivo. Però si guarda avanti. In Umbria, è vero, c’è il cosiddetto centrodestra, però c’è pure la lista civica degli amministratori, c’è una lista civica del presidente, ci sono gli imprenditori… Non si possono proporre le ricette del ‘94 agli italiani del 2020. Bisogna guardare avanti con immaginazione e fantasia. Bisogna pensare a candidature nuove”. Renzi punta sul coté rosa della sua nuova creatura politica, Italia Viva. L’ex premier ha detto che per ogni ruolo ci saranno un uomo e una donna. “Fossi donna, mi sentirei terribilmente offesa. Io voglio persone competenti per un determinato ruolo: magari ci sono due donne e nessun uomo. Perché un maschio e una femmina? In Umbria e in Emilia-Romagna noi candidiamo alla presidenza della regione due donne come Donatella Tesei e Lucia Borgonzoni. Le ho scelte perché sono brave e capaci, non per andare in televisione a fare il fenomeno. Io sono contrario alle quote di genere”. Senatore, sta facendo la trottola per la campagna elettorale umbra. Uno s’immagina che, a sera, lei si rilassi guardando “Temptation Island” o un altro reality. Invece? “Io, per rilassarmi, guardo il solito programma di pesca in tv. L’amo, la superficie dell’acqua, l’attesa. Mi riposo così”.
Buona giornata a tutti. E a presto. Se ci riesco, in settimana, partiamo con la rassegna tradizionale che avete testato e con gli abbonamenti. eb
Buingiorno a tutti. La Turchia e la corsa a disarmare Erdogan, cioè chiudere la stalla quando i buoi sono già fuori: Di Feo su Repubblica, L’arsenale di Erdogan è già completo; la Jena sulla Stampa. La Germania blocca la vendita di armi alla Turchia, interviene Erdogan: “Tranquilli, quelle già vendute ci bastano e avanzano”. Il ministro degli interni che chiede riposte forti sui profughi. La festa dei Cinquestelle. Il record della maratona. Buona lettura a tutti.
Maratona. Liberare i 42 chilometri da ogni brusco cambio di direzione, spazzolare l’asfalto fino a farlo diventare levigatissimo, scegliere data e ora più favorevoli, sostituire agli avversari 35 pace-maker che tagliano il vento e seguono ilritmo dettato da un raggio laser. Aggiungere scarpe bioniche (le fabbrica Nike) e selezionare l’atleta dalla corsa più economicaecon la motivazione più forte al mondo. Risultato: 1 ora 59’40”. Tanto ha impiegato ieri Eliud Kipchoge, keniano, 34 anni, primatista del mondo e doppio campione olimpico, a sbriciolare il muro delle due ore in maratona in un Prater di Vienna trasformato per lui in un privé del running dal mega sponsor inglese Ineos, quello del ciclismo, della vela, del calcio.
Buongiorno a tutti. I diktat di Ankara e la sporca guerra che l’Europa sta a guardare. E Roma e Parigi vogliono punire Erdogan. “Gestione comune dei profughi o saremo travolti” dice Mattarella. Il Pd chiede ai Cinquestelle un’alleanza strutturale. La Manovra cambia Quota 100. Primo accordo fra Usa e Cina sui dazi che i mercati aprezzano. Il premio Nobel per la pace al premier etiope promotore della pace con l’Etiopia. Buona lettura a tutti.
Il Parlamento europeo boccia Sylvie Goulard, la commissaria designata da Emmanuel Macron per rappresentare la Francia nel team di Ursula von der Leyen. Un vero schiaffo al presidente francese e alle sue ambizioni di leader guida in Europa così come alla tedesca che dovrebbe succedere a Jean-Claude Juncker il primo novembre. Traguardo che ora sembra allontanarsi, con l’insediamento della nuova Commissione che probabilmente slitterà di un mese lasciando in carica Juncker per gli affari correnti. Formalmente Goulard è caduta su uno scandalo legato al pagamento di un assistente quando era europarlamentare e una consulenza da 10mila euro al mese per il think tank Berggruen sempre quando era a Strasburgo. Non sono bastate le rassicurazioni e la vasta competenza sui dossier a salvare la francese, finita dentro a una partita politica più ampia sottovalutata dall’Eliseo. Non è stata in grado di gestirla anche per le accuse di arroganza rivoltegli da diversi gruppi parlamentari. Già rimandata dopo la prima audizione, ieri Goulard è affondata alla seconda al termine della quale è stata sostenuta solo dai liberali di Renew Europe, il suo gruppo che fa capo a Macron, e da parte dei socialisti. Contrari tutti gli altri: Ppe, Verdi, Gue, Conservatori e sovranisti. I popolari si sarebbero vendicati per il comportamento di Macron, che a giugno ha affondato la corsa del loro capogruppo, Manfred Weber, alla presidenza della Commissione alla quale sarebbe legittimamente giunto in quanto portabandiera del partito con più voti alle europee. Ma c’è anche una ritorsione nei confronti di Renew Europe per aver contribuito a bocciare nei giorni scorsi il commissario ungherese (popolare) e quella romena (socialista). Infine uno scontro di potere, con i tedeschi che in modo bipartisan non volevano consegnare alla francese un potere enorme in Commissione dopo avere già incassato Christine Lagarde alla Bce. Goulard avrebbe avuto un maxi portafoglio con Mercato interno, Industria, Difesa, Spazio e Digitale. «La bocciatura di Goulard è un gioco politico», ha commentato a caldo l’Eliseo. «È stata una bassezza, mi devono spiegare», ha aggiunto un gelido Macron. Pesanti le conseguenze della bocciatura, che potrebbero intossicare a lungo il clima in Europa e indebolire non solo Macron, ma anche von der Leyen. Che ora rischia di non fare in tempo a presentarsi per l’ultimo voto di fiducia di Strasburgo il 23 ottobre ed entrare in carica il primo novembre. Francia, Ungheria e Romania (da oggi senza governo) devono nominare i nuovi commissari che poi dovranno passare l’iter delle audizioni in una decina di giorni appena. «Dobbiamo accelerare – il messaggio di von der Leyen – ma tutti avranno bisogno di tempo per preparare le prossime tappe». Frase che apre al rinvio. La tedesca proverà a correre, ma salvo miracoli nei prossimi giorni dovrà capitolare e rimandare tutto di un mese con la fiducia a Strasburgo il 27 novembre e l’insediamento il primo dicembre. Tra l’altro per evitare nuovi guai potrebbe essere anche costretta a ridurre il portafoglio del prossimo candidato francese (si parla di Barnier, Le Maire o Canfin).
Buongiorno a tutti. Il ricatto di Erdogan all’Europa. Il governo che non va sotto per soli tre voti, “messaggio” a Di Maio dei Cinquestelle scontenti. Il piano casa e la web tax. Lo schiaffo dell’Europarlamento a Macron. Il patto M5S-Lega contro l’inchiesta sulle ingerenze russe. Il premio Nobel per la letteratura al romanziere austriaco che negò i crimini di Milosevic. Buona lettura a tutti.
Il ricatto. Erdogan difende l’operazione militare in Siria e minaccia l’Europa. «Basta critiche — ha detto il leader turco — o vi mando oltre tre milioni di profughi». La protesta di Italia e Francia: «Inaccettabile». Di Maio convoca l’ambasciatore di Ankara alla Farnesina. Mentre il segretario generale della Nato, Jens Stoltenberg, dice: «Contenetevi».
Il diavolo. L’invasione turca del Kurdistan siriano non è cominciata ora che si muovono i tank e sparano i cannoni di Erdogan. L’operazione ha avuto il suo inizio politico dieci giorni fa. Andrea Bonanni su Repubblica.
La lucida follia. I curdi? Mica ci hanno aiutato nella seconda guerra mondiale». Il video dell’ultima uscita di Donald Trump si fonde con le immagini tragiche dal fronte. Federico Rampini su Repubblica.
Il caffè. Sostiene, il Donald, di avere consegnato senza rimorso i curdi nelle grinfie dell’orco turco «perché loro non ci aiutarono durante lo sbarco in Normandia». Per i pochi che non lo sapessero, tra i quali forse lo stesso Trump, lo sbarco risale al 1944. Ora, che un uomo abituato a cambiare opinione nel volgere di un tweet, conservi la memoria implacabile di un avvenimento accaduto settantacinque anni prima, spalanca scenari inediti. Massimo Gramellini sul Corriere.
Se Erdogan invadesse la Germania, Trump avrebbe buon gioco a lasciarglielo fare, dal momento che i tedeschi durante lo sbarco in Normandia si comportarono molto peggio dei curdi, non limitandosi a non aiutare gli americani, ma sparando loro addirittura addosso. Anche se Erdogan attaccasse Londra, Trump non avrebbe nulla da eccepire, considerata l’opposizione degli inglesi alle truppe diGeorge Washington nella guerra di indipendenza. Il bombardamento turco di Parigi lo lascerebbe indifferente, a meno che i francesi non restituissero con gli interessi i soldi incassati da Napoleone per la cessione della Louisiana. Bisogna capirlo, il Donald. Avrebbe voluto scrivere che i curdi intorbidano l’acqua da bere, ma la favola del lupo e dell’agnello non gli stava in un tweet. L’unica aggressione di Erdogan che lo metterebbe in seria difficoltà è quella all’Italia: avendo noi cambiato alleanze di continuo, spesso anche all’interno di una stessa guerra, Trump finirebbe per aiutarci, pur di non farsi venire il mal di testa.
L’accordo. Domenica sera il presidente Donald Trump annuncia il ritiro dei soldati Usa dal Nord-Est della Siria per consentire alla Turchia di invadere. Lunedì sera il dipartimento della Difesa chiarisce che il ritiro riguarda solo una cinquantina di soldati statunitensi presenti in Siria. Il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha annunciato l’inizio dell’operazione militare “Fonte di pace” contro i curdo-siriani in barba all’accordo Tra Europa e Turchia sui migranti che tiene sotto scacco l’Unione Europea.
Schiaffo a Macron. L’Europarlamento boccia la candidata francese alla Commissione Sylvie Goulard. Stoppata per i suoi guai giudiziari e per i possibili conflitti di interesse, non supera l’esame di Strasburgo. L’ira dell’Eliseo: “Vittima di un gioco politico”. Ora l’insediamento di Von der Leyen rischia di slittare.
Formalmente Goulard è caduta su uno scandalo legato al pagamento di un assistente quando era europarlamentare e una consulenza da 10mila euro al mese per il think tank Berggruen sempre quando era a Strasburgo. In realtà i popolari si sarebbero vendicati per il comportamento di Macron, che a giugno ha affondato la corsa del loro capogruppo, Manfred Weber, alla presidenza della Commissione alla quale sarebbe legittimamente giunto in quanto portabandiera del partito con più voti alle europee. Ma c’è anche una ritorsione nei confronti di Renew Europe per aver contribuito a bocciare nei giorni scorsi il commissario ungherese (popolare) e quella romena (socialista). Infine uno scontro di potere, con i tedeschi che in modo bipartisan non volevano consegnare alla francese un potere enorme in Commissione dopo avere già incassato Christine Lagarde alla Bce. Alberto D’Argenio su Repubblica.
Ergastolo. Facciamo così. Siccome il cosiddetto “ergastolo ostativo” –cioè vero, senza sconti né scappatoie –l’hanno inventato Falcone e Borsellino e l’hanno ottenuto soltanto nell’agosto del 1992, da morti ammazzati per mano della mafia, chi non è d’accordo la smette di tirare in ballo Falcone e Borsellino quando parla di lotta alla mafia. Per un minimo di coerenza, e anche di decenza, chi lo considera – come la Corte di Strasburgo e la sua Grande Chambre –una forma di tortura, una violazione della Costituzione, una negazione del valore rieducativo della pena, un ricatto per estorcere confessioni, un’istigazione alla delazione, liberissimo: ma deve prima ammettere che Falcone e Borsellino, oltre a tutti i magistrati e i giuristi vivi che ne condividono i metodi, erano aguzzini, torturatori, ricattatori e violatori della Carta. Marco Travaglio sul Fatto.
Cento anni. La tenerissima storia di due centenari. Marco: «Mi dicono continuamente come porto bene gli anni. Ma che bene. Ogni giorno è una conquista, una fatica. Mi dispiace essere un peso per gli altri. E i miei occhi…». Accanto a lui Marisa gli prende la mano: «Vedo ancora io per lui», poi aggiunge: «Ma lui sente meglio di me. Ci completiamo ancora, dopo cent’anni». Stefania Chiaie sul Corriere.